MILANO - Emergono dettagli inquietanti sull'ultimo respingimento in Libia di sabato scorso effettuato da una motovedetta libica, con personale italiano a bordo, su richiesta delle autorità maltesi. Finora sapevamo che dei 55 passeggeri somali del gommone intercettato a 44 miglia da Malta, 28 erano stati portati a Malta - comprese 5 donne, di cui 3 incinte, e un bambino - e altri 27 respinti in Libia. Oggi sappiamo di più. E possiamo dire con certezza che alcuni nuclei familiari sono stati separati. Che c'è almeno un uomo nel centro di detenzione di Safi, a Malta, che sulla motovedetta diretta in Libia aveva la moglie incinta di sette mesi, e che adesso non la vedrà per anni, e che adesso teme possa accaderle il peggio nelle mani della polizia libica. I dettagli della storia sono stati pubblicati dal Times of Malta, in un articolo a firma di Kurt Sansone.
E non si è trattato di una svista. L'uomo ha dichiarato al Times of Malta: "Ho detto ai soldati maltesi che mia moglie era sulla motovedetta libica ma loro hanno continuato a insistere, volevano che anche io salissi a bordo con i libici per identificarla. Io ho rifiutato perché sapevo che se fossi salito, ci avrebbero respinto entrambi in Libia".
Intanto il portavoce del ministero dell'Interno maltese ha ribadito che le autorità nazionali non intendono aprire un'inchiesta sul caso. Secondo la versione ufficiale infatti "nei tre casi in cui i soldati sono stati avvisati dalle persone a bordo dell'unità maltese che erano accompagnati dalle mogli, le mogli sono state riunite con i rispettivi mariti sull'unità maltese". Sul tema ha espresso "grave preoccupazione" anche il Jesuit Refugee Service di Malta, esprimendo seri dubbi sul fatto che la Libia possa essere ritenuta un porto sicuro vista l'impossibilità di vedere garantito l'asilo politico, e dubitando che i 27 respinti abbiano "volontariamente" accettato di tornare a Tripoli, come riferito dalle autorità maltesi.
Ad oggi Malta rifiuta di rendere pubblici i criteri con cui sono stati selezionati i 28 somali da portare a terra e i 27 da respingere, ammesso che un criterio ci sia stato. Secondo i somali sbarcati a Malta, e in queste ore detenuti a Safi, inizialmente avrebbero fatto salire a bordo i più deboli per poi insistere con gli altri che salissero a bordo della motovedetta libica. Gli stessi ripetono che inizialmente era stato fatto loro credere che la motovedetta libica era diretta in Italia, visto che a bordo c'era personale che parlava italiano.
"A un certo punto - hanno dichiarato al Times of Malta - uno dei nostri amici che era salito sulla motovedetta si è accorto che c'erano anche dei libici e ha iniziato a gridare. A quel punto li hanno trattati male e un gruppo di noi che era ancora sul gommone ha rifiutato di salire. Insistevamo per salire con i maltesi, ma poi i soldati ci hanno minacciato di abbandonarci alla deriva in mezzo al mare se non salivamo con i libici. Abbiamo detto che era meglio morire in mare che tornare in Libia, perchè quel posto è come l'inferno". Ma alla fine sono saliti. Un totale di 27 persone, tra cui 9 donne, alcune delle quali incinte. Di loro ad oggi non abbiamo più notizie.