di Fulvio Vassallo Paleologo
PALERMO - La politica dei respingimenti collettivi, praticata dal governo italiano contro tutte le Convenzioni internazionali ha sigillato nei centri di detenzione libici migliaia di persone che avrebbero diritto di entrare in Europa e di ottenere asilo. Dopo la celebrazione dei “successi storici” conseguiti da Frattini e da Maroni nella “guerra all`immigrazione illegale”, con la chiusura quasi completa della rotta dalla Libia a Lampedusa, ancora una volta la tragica realtà dei fatti inchioda alle loro responsabilità quanti hanno anteposto ragioni di natura economica e vantaggi elettorali al rispetto dei diritti umani e della stessa vita dei migranti.
A Misurata, in uno dei pochi centri di detenzione nei quali fino allo scorso mese aveva accesso l`Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nella giornata di lunedì scorso si sono avviate le pratiche per la deportazione in Eritrea di centinaia di richiedenti asilo, compresi donne e minori, ai quali è stato richiesto di collaborare per le pratiche di identificazione affidate ad un rappresentante del governo dal quale erano fuggiti. Al loro rifiuto è seguita una repressione violentissima da parte delle forze di polizia, con decine di feriti gravi e con la dispersione del gruppo di eritrei in altri centri di detenzione segreti che la Libia ha aperto grazie al sostegno politico e finanziario italiano.
Al momento non si sa più nulla delle persone che erano rinchiuse a Misurata, alcuni potrebbero essere stati trasferiti in altri centri di detenzione come quello di Sebha, uno dei più terribili, di certo tutti hanno subito e stanno ancora subendo gravissimi abusi, indegni per qualsiasi paese che voglia definirsi civile e rischiano di essere dispersi nei tanti lager nel deserto ai confini meridionali della Libia. Ancora poche settimane fa Amnesty International documentava le diffuse violazioni dei più elementari diritti umani che la Libia infligge ai migranti, e il Parlamento Europeo lo scorso 17 giugno protestava per le esecuzioni capitali che la giustizia libica aveva sancito dopo processi farsa, in alcuni dei quali erano coinvolti anche degli immigrati come confermato dal quotidiano Cerene , notoriamente vicino à Saif al-Islam Kadhafi, figlio di Gheddafi. Questo giornale ha riferito “que 18 personnes, parmi lesquelles des ressortissants du Tchad, d`Égypte et du Nigeria, avaient été exécutées à Benghazi le 30 mai, après avoir été condamnées pour meurtre avec préméditation; que leurs identités n`ont pas été divulguées par les autorités libyennes”.
Nella sua risoluzione il Parlamento europeo esprimeva forte preoccupazione per la sorte dei migranti bloccati in Libia, ricordando il divieto di trattamenti inumani o degradanti, oltre che della tortura e della pena di morte, affermando precisamente “que l`article 19, paragraphe 2, de la Charte des droits fondamentaux de l`Union européenne interdit tout éloignement, expulsion ou extradition vers un État où il existe un risque sérieux que la personne concernée soit soumise à la peine de mort, à la torture ou à d`autres peines ou traitements inhumains ou dégradants”, mentre le trattative tra l`Unione Europea e Gheddafi i corso da mesi si erano arenate proprio sui dossier relativi al rispetto dei diritti umani in quel paese.
Eppure l`Italia continua a vantarsi dei suoi accordi con la Libia senza preoccuparsi delle persone, in gran parte potenziali richiedenti asilo, che non riescono più a fuggire da quel paese. Dai “considerando” della risoluzione del Parlamento Europeo del 17 giugno scorso emergono interessanti dati che i governi europei e quello italiano nascondono all`opinione pubblica. “Considérant que l`UE a tenu un dialogue informel et une série de consultations avec la Libye en vue de signer un accord-cadre, notamment sur les questions de migration; que les négociations en cours entre les deux parties ont connu au moins sept cycles jusqu`à ce jour, sans amener de progrès substantiels ou d`engagements clairs de la Libye en faveur du respect des conventions internationales sur les droits de l`homme, “considérant que les principaux obstacles aux relations entre l`UE et la Libye sont le manque de progrès dans le dialogue sur les droits de l`homme, les libertés fondamentales et la démocratie, en particulier la non-ratification de la convention de Genève, ainsi que la politique extérieure agressive du régime libyen, y compris à l`égard des États européens; que la Libye ne dispose pas d`un régime d`asile couvrant le tri et l`enregistrement des réfugiés, l`octroi du statut d`asile, les visites aux installations de rétention et la fourniture d`une aide médicale et humanitaire, tâches qui ont été assurées par le HCR”.
Pochi giorni dopo la chiusura della piccola delegazione dell`ACNUR a Tripoli, che comunque era riuscita a censire almeno una parte dei richiedenti asilo, attività dichiarata poi illegale da Gheddafi, nella stessa risoluzione il Parlamento Europeo chiedeva agli stati membri “qui déportent des migrants vers la Libye, en coopération avec Frontex (l`Agence européenne pour la gestion de la coopération opérationnelle aux frontières extérieures des États membres de l`Union européenne) de mettre un terme immédiatement à ces opérations lorsqu`il existe un risque grave que la personne concernée soit soumise à la peine de mort, à la torture ou à d`autres peines ou traitements inhumains ou dégradants”.
Un appello a cessare le deportazioni ed i respingimenti collettivi che nessun paese europeo e tantomeno l`Italia hanno raccolto Del resto, ormai, sono direttamente le unità militari, donate dal nostro paese alla Libia, con gli equipaggi formati dai nostri istruttori, sotto la supervisione di agenti di collegamento e con una direzione operativa unificata, che vanno a riprendersi i migranti in fuga da quel paese anche quando sono arrivati a poche miglia dalle coste di Lampedusa.
Solo il governo italiano continua a ritenere che dalla Libia non arrivano migranti richiedenti asilo, una circostanza ben nota invece al Parlamento Europeo che nella sua risoluzione, sulla base dei dati forniti dall`ACNUR, richiama proprio gli eritrei come la componente più consistente dei migranti detenuti nei centri libici, “selon le HCR, 9 000 réfugiés – principalement palestiniens, iraquiens, soudanais et somaliens – ont été enregistrés en Libye, dont 3 700 sont demandeurs d`asile, essentiellement en provenance de l`Érythrée; que les réfugiés risquent constamment d`être déportés vers leurs pays d`origine et de transit en violation des critères de la convention de Genève, et d`être ainsi exposés aux persécutions et à la mort; que des cas de mauvais traitements, de torture et de meurtres ont été rapportés dans les centres de rétention pour les réfugiés, ainsi que des abandons de réfugiés dans les déserts situés aux frontières entre la Libye et les autres pays africains”.
L`Italia continua così a sostenere le politiche poliziesche di Gheddafi, come testimoniato dall`ennesimo viaggio di Berlusconi a Tripoli, qualche settimana fa, conclusosi con il rilascio di tre pescherecci mazaresi sequestrati dai libici in acque internazionali, ma senza neppure un cenno alla sorte dei migranti rinchiusi nei centri di detenzione ed alla chiusura della sede dell`ACNUR a Tripoli, accusato lo scorso 8 giugno di svolgere attività illegali, una sede che al governo italiano era servita proprio per legittimare la politica dei respingimenti collettive e la collaborazione con le forze di polizia libiche.
Del resto è tale la dipendenza che il governo italiano ha prodotto nei confronti della Libia che qualsiasi protesta sulla violazione dei diritti umani avrebbe come immediata ritorsione il blocco dei rifornimenti di gas e petrolio. Se i libici volessero, potrebbero lasciare l`Italia a piedi, e magari fare crollare i titolo azionari dei più importanti gruppi finanziari italiani, questo è il brillante risultato della politica bipartisan nella quale Prodi ed i governi di centro sinistra, a partire dal 2000, hanno fatto da battistrada.
Adesso il Parlamento europeo ha chiesto formalmente alla Commissione di essere informato sullo stato delle trattative tra l`Unione Europea e la Libia, invitando “la Commission et le Conseil à prendre des mesures en vertu de l`article 265 et de l`article 218, paragraphe 10, du traité FUE, qui disposent que le Parlement européen est "immédiatement et pleinement informé à toutes les étapes de la procédure" sur les négociations avec la Libye; renouvelle sa demande d`être pleinement informé du mandat de négociation de la Commission à cet égard”.
Il Parlamento europeo afferma anche che “que toute coopération ou accord entre l`UE et la Libye doit être subordonné à la ratification et à l`application par la Libye de la convention de Genève sur les réfugiés et des autres conventions et protocoles majeurs en matière de droits de l`homme; ed ha incaricato il suo Presidente “de transmettre la présente résolution au Conseil, à la Commission, aux États membres, ainsi qu`à l`Assemblée générale des Nations unies, au Haut Commissariat des Nations unies pour les réfugiés et aux autorités libyennes”,ma le altre istituzioni dell`Unione Europea non hanno mosso neppure un dito per impedire alla Libia di proseguire nelle sue continue e gravissime violazioni dei diritti della persona umana.
L`Italia deve denunciare gli accordi con la libia perchè non garantiscono il rispetto dei diritti umani dei migranti. Non ci attendiamo però dal governo italiano e dai vertici delle forze di polizia alcun rigurgito di umanità dopo anni di stretta collaborazione con le autorità libiche, dopo che nel 2005 il generale Mori aveva già denunciato i modi brutali con i quali i libici trattano i migranti. Sono troppi i rapporti delle agenzie internazionali come HRW, MSF ed Amnesty che il governo italiano ha irriso giungendo ad attaccare sistematicamente l`Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e gli avvocati che difendono coloro che, dopo essere stati respinti in Libia, riescono a presentare un ricorso contro l`Italia davanti alla Corte Europea dei diritti dell`Uomo.
Attendiamo le decisioni in merito della Corte di Strasburgo, ma i fatti, come gli abusi e le violenze di Misurata e di altri centri di detenzione in Libia, costituiscono una pietra tombale sulla dignità delle persone che hanno contribuito direttamente o indirettamente a produrli, ma anche una macchia sull`onore di tutti gli italiani che non si ribellano a queste politiche di morte e di deportazione.
A tutti coloro che ancora hanno a cuore la vita e la libertà dei migranti non rimane altro che moltiplicare gli sforzi per estendere e rafforzare le reti di protezione legale, contribuire in qualsiasi modo alla circolazione delle informazioni censurate dalle agenzie governative, e promuovere iniziative perchè l`opinione pubblica non si abitui del tutto all`idea che, in fondo, è meglio che i migranti, piuttosto di raggiungere l`Italia, muoiano o vengano abusati lontano dai nostri occhi.