MILANO - Finalmente liberi! I 205 eritrei detenuti a Brak dopo la rivolta di Misratah del 29 giugno, sono tornati in liberta'. Una volta tanto Gheddafi e' stato di parola. A mezzanotte di ieri sono stati trasportati nel centro di detenzione di Sebha, dove questa mattina sono stati rilasciati con un documento d'identita' valido in tutta la Libia, della durata di 3 mesi. Li abbiamo raggiunti telefonicamente, in questo momento stanno bene, ma sono ancora a Sebha. E si' perche' anche se liberi, nessun autista finora ha accettato di prenderli a bordo. E chi e' riuscito a convincere i taxisti si e' visto fermare ai posti di blocco fuori citta' ed e' stato fatto tornare indietro. Probabilmente ci vorra' qualche giorno prima che la comunicazione arrivi alle autorita' competenti. Intanto pero' l'OIM, l'UNHCR e il CIR a Tripoli sono stati informati della situazione e speriamo trovino una soluzione a breve.
L'altro problema e' che il documento di soggiorno scade fra tre mesi. In teoria lo possono rinnovare trovando un contratto di lavoro e rinnovando il visto su un passaporto, cosi' e' stato detto loro, ma il passaporto non possono certo andarlo a ritirare all'ambasciata eritrea a Tripoli. Infatti, molti sono disertori dell'esercito e presentandosi alle autorita' consolari, rischiano di mettere a repentaglio i familiari rimasti in Eritrea. Inoltre chi di loro e' gia' registrato presso l'ufficio rifugiati dell'Onu a Tripoli non ha piu' speranze, dato che la Libia non avendo mai firmato la Convenzione di Ginevra non riconosce l'asilo politico a queste persone. Insomma il problema e' solo rimandato di tre mesi. Se l'Italia e l'Europa non accolgono queste persone prima di tre mesi, il documento temporaneo che oggi hanno avuto scadra' e di nuovo rischieranno di essere arrestati e rimpatriati.
Da parte nostra riportiamo l'appello che ci e' stato fatto dagli eritrei al telefono. Chiedono all'Italia e all'Europa di accoglierli. La loro meta non e' la Libia. L'Italia in particolare e' doppiamente tirata in causa, visto che una buona meta' dei 205 eritrei di Brak sono stati respinti in mare nel 2009 dalle nostre motovedette.
Grazie a tutti quelli che hanno sostenuto la campagna mediatica per la liberazione degli eritrei.
Adesso pero' si tratta di continuare a fare pressione affinche' si arrivi all'accoglienza di queste persone e al loro reinsediamento in Europa come rifugiati politici. Basta poco. Basterebbe che ogni Stato membro si dichiarasse disponibile ad accogliere 10 eritrei, e gia' sarebbero 270 persone a cui eviteremmo di rischiare la vita in mare. Ricordatevi di loro la prossima volta che si conteranno i morti al largo di Lampedusa, ricordatevi che li avevamo incontrati prima, quando ancora erano nelle carceri libiche, che ci eravamo spesi per la loro liberazione, ma che poi nessun paese li volle accogliere. Perche' partiranno. Nessuno di loro in Libia ha una prospettiva a queste condizioni. Se non si trova una soluzione prima di tre mesi, c'e' da aspettarsi che arriveranno via mare. E c'e' da sperare che il viaggio si concluda senza vittime, come purtroppo troppo spesso accade.
L'altro problema e' che il documento di soggiorno scade fra tre mesi. In teoria lo possono rinnovare trovando un contratto di lavoro e rinnovando il visto su un passaporto, cosi' e' stato detto loro, ma il passaporto non possono certo andarlo a ritirare all'ambasciata eritrea a Tripoli. Infatti, molti sono disertori dell'esercito e presentandosi alle autorita' consolari, rischiano di mettere a repentaglio i familiari rimasti in Eritrea. Inoltre chi di loro e' gia' registrato presso l'ufficio rifugiati dell'Onu a Tripoli non ha piu' speranze, dato che la Libia non avendo mai firmato la Convenzione di Ginevra non riconosce l'asilo politico a queste persone. Insomma il problema e' solo rimandato di tre mesi. Se l'Italia e l'Europa non accolgono queste persone prima di tre mesi, il documento temporaneo che oggi hanno avuto scadra' e di nuovo rischieranno di essere arrestati e rimpatriati.
Da parte nostra riportiamo l'appello che ci e' stato fatto dagli eritrei al telefono. Chiedono all'Italia e all'Europa di accoglierli. La loro meta non e' la Libia. L'Italia in particolare e' doppiamente tirata in causa, visto che una buona meta' dei 205 eritrei di Brak sono stati respinti in mare nel 2009 dalle nostre motovedette.
Grazie a tutti quelli che hanno sostenuto la campagna mediatica per la liberazione degli eritrei.
Adesso pero' si tratta di continuare a fare pressione affinche' si arrivi all'accoglienza di queste persone e al loro reinsediamento in Europa come rifugiati politici. Basta poco. Basterebbe che ogni Stato membro si dichiarasse disponibile ad accogliere 10 eritrei, e gia' sarebbero 270 persone a cui eviteremmo di rischiare la vita in mare. Ricordatevi di loro la prossima volta che si conteranno i morti al largo di Lampedusa, ricordatevi che li avevamo incontrati prima, quando ancora erano nelle carceri libiche, che ci eravamo spesi per la loro liberazione, ma che poi nessun paese li volle accogliere. Perche' partiranno. Nessuno di loro in Libia ha una prospettiva a queste condizioni. Se non si trova una soluzione prima di tre mesi, c'e' da aspettarsi che arriveranno via mare. E c'e' da sperare che il viaggio si concluda senza vittime, come purtroppo troppo spesso accade.