25 April 2010

Respingimenti, a giudizio direttore polizia di frontiere e generale Gdf

tratto da ANSA

SIRACUSA - La Procura della Repubblica di Siracusa ha disposto il giudizio per concorso in violenza privata del direttore della direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle Frontiere del ministero dell'Interno, Rodolfo Ronconi, e del generale della guardia di finanza Vincenzo Carrarini, in qualita' di capo ufficio economia e sicurezza del terzo reparto operazioni del comando generale delle Fiamme Gialle. La richiesta riguarda il 'respingimento' di 75 immigrati che tra il 29 e il 31 agosto del 2009 furono intercettati da unita' navali della guardia di finanza al largo di Portopalo di Capo Passero e che furono riportati in Libia su una nave della Gdf.

"Piena stima e vicinanza" è stata ribadita dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni, al prefetto Rodolfo Ronconi in una telefonata. Maroni si è detto inoltre sicuro che l'accertamento giudiziario "dimostrerà che le azioni poste in essere sono state pienamente conformi alla legislazione nazionale ed internazionale".

C'é "l'assoluta convinzione" che l'azione degli uffici del Dipartimento della Pubblica Sicurezza si è svolta "nel pieno rispetto della normativa nazionale e delle convenzioni internazionali vigenti in materia". Lo dice il capo della Polizia, prefetto Antonio Manganelli, ribadendo la "propria, incondizionata fiducia nell'operato della magistratura".

La "sconcertante" iniziativa della Procura della Repubblica di Siracusa "non farà in alcun modo recedere il ministero dell'Interno dalla piena applicazione dell'accordo fra Italia e Libia". Questo il commento del sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, alla decisione di disporre il giudizio per concorso in violenza privata del direttore della direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle Frontiere del ministero dell'Interno, Rodolfo Ronconi, e del generale della guardia di finanza Vincenzo Carrarini. "Chi ha realizzato questi atti giudiziari - spiega Mantovano - si pone in linea con i deliberati delle correnti di Md e dei Verdi, che in un loro summit a Lampedusa, nel settembre 2009, epoca a cui risalgono le riconsegne incriminate, parlavano (infondatamente) di 'illegittime operazioni nel Canale di Sicilia'; al contrario, non si pone in linea con le norme del diritto internazionale, né con quelle del diritto interno, né con quelle della competenza territoriale, né, ancor meno, col buon senso". "Se c'era bisogno di qualcosa che desse il senso della deviazione di certa magistratura ideologizzata dalla corretta applicazione del diritto - conclude il sottosegretario - questo é un esempio chiaro e lampante. Che non avrà l'effetto di condizionare l'azione di governo per via di citazione a giudizio".
La Procura di Siracusa ha chiesto e ottenuto dal Gip il proscioglimento dei militari della Guardia di Finanza che intervennero sul posto "in considerazione del fatto che avevano operato per ordini superiori non manifestamente illegittimi". Il processo a Ronconi e al gen. Carrarini si celebrerà davanti il Tribunale di Siracusa, in composizione monocratica, che non ha ancora fissato la prima data dell'udienza.

QUELLA NOTTE DEL 30 AGOSTO 2009
Un gommone con a bordo 75 migranti, compresi alcuni bambini, partita dalla Libia bloccata da unità navali della guardia di finanza nella notte tra il 30 e il 31 agosto del 2009 in acque internazionali al largo di Portopaolo di Capo Passero. Sembrava l'ennesima operazione di soccorso di clandestini impegnati nel viaggio della speranza verso la Sicilia, porta d'Europa. Gli extracomunitari furono fatti salire sulla nave 'Denaro' della guardia di finanza ma invece di condurli in Italia li riportò in Libia, affidandoli alle autorità locali. La notizia fu riportata da numerosi quotidiani e il procuratore capo di Siracusa, Ugo Rossi, aprì un'inchiesta conoscitiva e poi indagò diversi militari della guardia di finanza. Gli ordini di 'respingimento', secondo la ricostruzione della magistratura Siracusa, che li contesta ritenendo la nave 'territorio italiano in cui si applica la legge italiana', arrivarono direttamente da Roma e per questo la Procura ha disposto la citazione a giudizio per violenza privata del direttore di polizia per l'immigrazione, Rodolfo Ronconi, e del generale della guardia di finanza Vincenzo Carrarini.

PM, NAVE GDF E' TERRA ITALIANA
Non è il "respingimento in se" ma la mancata applicazione della legge italiana sul territorio nazionale, così come è considerata una nave della Guardia di Finanza, al centro del reato. E' il convincimento della Procura di Siracusa che ha disposto il processo per violenza privata del direttore di polizia per l'immigrazione, Rodolfo Ronconi, e del generale della guardia di finanza Vincenzo Carrarini. La citazione a giudizio, senza passare dalla decisione del Gip, è prassi giuridica in caso di reati valutati dal giudice monocratico.

Secondo la Procura della Repubblica di Siracusa i due imputati, "con abuso delle rispettive qualità di pubblici ufficiali" avrebbero tenuto una "condotta violenta" nel "ricondurre in territorio libico, contro la loro palese volontà, 75 stranieri, non identificati, alcuni sicuramente minorenni, intercettati in acque internazionali su un natante proveniente dalle coste libiche". Il reato, secondo la Procura é scattato quando gli immigrati sono stati "fatti salire a bordo della nave della guardia di finanza 'Denaro' e dunque su territorio italiano".

Il comportamento nei confronti dei 75 migranti, che in quel momento, sostiene l'accusa, è come se fossero stati nel nostro Paese, sarebbe stato "in aperto contrasto con le norme di diritto interno e di diritto internazionale recepite nel nostro ordinamento". Tanto da "impedire loro l'accesso effettivo alle procedure di tutela dei rifugiati e più in generale di avvalersi dei diritti loro riconosciuti in materia di immigrazione". La Procura nel capo d'accusa sottolinea che "l'imputazione non concerne direttamente la cosiddetta 'politica dei respingimenti', ed in particolare non attiene alla legittimità in sé degli accordi sottoscritti tra l'Italia e la Libia" ma, appunto, a "una violenza privata, poiché non eseguiti nel rispetto della normativa italiana, conforme tra l'altro agli accordi internazionali".


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