ROMA – Sospeso dopo quattro giorni lo sciopero della fame al centro di identificazione e espulsione di Ponte Galeria, a Roma. Da lunedì mattina i 114 trattenuti della sezione maschile rifiutavano il cibo, per protestare contro il prolungamento della loro detenzione. L’adesione è stata altissima. Martedì due persone si sono sentite male e sono state ricoverate dai medici dell'ente gestore, la Croce rossa italiana. Mercoledì sera un'altra persona è stata portata in infermeria. Già il primo settembre una cinquantina dei reclusi avevano rifiutato il cibo, ma la protesta era rientrata il giorno dopo. Stavolta la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la visita di alcuni giornalisti lunedì scorso, a cui è stato vietato l’ingresso nella sezione maschile, ufficialmente per motivi di sicurezza. La tensione è dovuta al prolungamento del trattenimento. Lo scorso 8 agosto infatti, è entrato in vigore il pacchetto sicurezza (legge 94/09), che ha portato a 180 giorni il limite massimo di detenzione e che è stato applicato in modo retroattivo anche a chi stava già nei Cie. Lunedì 5 ottobre, Alessandra Pizzo, consigliere della Regione Lazio, visiterà il Cie insieme a una delegazione di consiglieri regionali.
E a Ponte Galeria sono già tanti i reclusi ad aver superato i tre mesi di detenzione. A. Mohamed, saharawi, è dentro da 67 giorni. R. Chraiet, tunisino, da 101. Ibrahim, sudanese, da 76. B. Dogan, kurdo, da 73. E. Said, tunisino, da 96. A. Ahmed, marocchino, da 81. B. Hicham, marocchino, da 72. Arrivati al centro identificazioni e espulsioni nel mese di giugno, si erano visti convalidare dal giudice di pace un trattenimento di 60 giorni. Da agosto al cie di Roma si sono già registrati 5 casi di autolesionismo e un tentato suicidio. La presenza all'interno del Cie di sportelli di associazioni esterne (Bee Free, Differenza Donna, e Usmi per le donne, Centro Astalli, per i richiedenti asilo, e il Garante dei detenuti del Lazio) non diminuisce il clima di tensione, dovuto essenzialmente al prolungamento a sei mesi della detenzione e al rischio rimpatrio.
Le condizioni di detenzione non aiutano a rendere confortevole il soggiorno. Circondato all'esterno da un alto muro di cinta, e presidiato permanentemente da polizia e militari, i padiglioni all'interno sono delimitati da una doppia serie di gabbie di ferro alte quattro metri. Ogni camerata ospita dai sei agli otto reclusi e si affaccia su un cortile in cemento a sua volta recintato. I materassi sono sporchi e le lenzuola monouso. Molti preferiscono dormire fuori. La pulizia non è delle migliori, in alcuni bagni non funzionano scarichi, docce e lavandini.
Dalla sua apertura nel 1998, il Cie di Roma è sempre stato gestito dalla Croce rossa italiana. Anche se a fine ottobre scade la proroga dell'ultimo appalto e si preannuncia un cambio gestione, visto che la Croce rossa è stata estromessa dalla gara per l'incompletezza della documentazione presentata, pur avendo presentato un ricorso di cui si attende ancora l’esito. La concorrenza è agguerrita, si fanno i nomi di Connecting People (che gestisce i centri di Gradisca, Cassibile, Trapani e Cagliari), Auxilium (che gestisce i centri di Bari) e Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone, che a Roma gestisce vari centri di accoglienza per richiedenti asilo politico (Cara)