Il blog di Gabriele Del Grande. Sei anni di viaggi nel Mediterraneo lungo i confini dell'Europa. Alla ricerca delle storie che fanno la storia. La storia che studieranno i nostri figli, quando nei testi di scuola si leggerà che negli anni duemila morirono a migliaia nei mari d'Italia e a migliaia vennero arrestati e deportati dalle nostre città. Mentre tutti fingevano di non vedere.
11 August 2009
L'avvocato Ballerini: tutti i trucchi degli scafisti in cravatta
ROMA - Ci sono migranti che non arrivano in Italia con le carrette del mare e non si affidano agli scafisti in terra d’origine: li trovano qui.Ed è unaltro genere di scafisti. «Sono in giacca e cravatta», «imprenditori o sedicenti tali», racconta Alessandra Ballerini, dell’ufficio legale della Cgil di Genova. E descrive un meccanismo semplicissimo ispirato dalla legge in vigore. Le vittime sono uomini edonne che cercano lavoro. E che una volta sbarcati si ritrovano in mano il numero di telefono di un fantasma e un permesso per qualche mese che non può essere rinnovato. Gli è costato tra i 5 e i 16 mila euro. Alla scadenza non resta che la clandestinità.
Come è congegnata la truffa?
«Se non è possibile mettersi in regola in nessun altro modo, ma soprattutto se non è possibile venire in Italia legalmente senza rischiare la vita pagando 5mila euro a uno scafista, si entra conun visto di ingresso, dando 5-8mila euro o anche 16mila a un imprenditore. La promessa è la solita,unlavoro in Italia. L’immigrato è convinto di pagare per qualcosa di “regolare”, pensa che stia pagando per le spese della pratica. Sono convinti che sia tutto in regola, che verranno assunti. Quando arrivano in Italia si rendono conto che le cose stanno diversamente».
Quando comincia il raggiro?
«In terra d’origine c’èun intermediario che spiega della possibilità di entrare grazie al decreto flussi, prima come lavoratore stagionale, poi assunto, perché c’è un imprenditore disposto ad assumere. Però ci sono delle spese. Chi vuole emigrare sa che deve pagare per ogni cosa, quindi paga. Viene messo in contatto con l’italiano, che a volte vede e più spesso no, e aspetta di ricevere il nullaosta. Infine ritira il visto in ambasciata: è valido, può entrare in Italia legalmente».
Ed entra. Poi che cosa succede?
«Scopre due cose. La prima è che non troverà più il datore di lavoro, ha in mano un numero di telefono che di colpo non squilla più, che non riuscirà più a raggiungerlo fisicamente. Io stessa come avvocato ho difficoltà, molto spesso quando invio le lettere mi tornano indietro. La seconda cosa è che il visto di 9 mesi non è rinnovabile, e che se anche il datore di lavoro lo avesse assunto come stagionale in base alle quote stabilite con il decreto flussi, dopo nove mesi se ne doveva andare dall’Italia. Ovviamente se avesse saputo non avrebbe speso 8 mila euro».
Quali sono le dimensioni di questa truffa? È diffusa?
«Vengo a conoscenza sempre di più casi sparsi per l’Italia».
Gli imprenditori sono veri o falsi?
«Alcuni non esistono, altri sì. Inun caso mi sono sentita rispondere Ero qui che lo aspettavo perché non è venuto? Ora sono scaduti i termini non mi serve più. A volte tra i mediatori, e i mediatori dei mediatori, è molto difficile risalire al titolare».
Effetti perversi della legge in vigore, un vero indotto criminale. Non c’è solo lo scafista...
«Ci sono anche gli scafisti in giacca e cravatta, in doppiopetto».
E la vittima deve tornarsene a casa.
«Con tutti i parenti che si sono venduti la terra per farli arrivare qua, sono terrorizzati,non lo dicono che è andata male. Restano da clandestini».
La sanatoria può servire a ridurre questo traffico?
«No, paradossalmente rischia di estenderlo. Si vide nel 2002: non sono i clandestini che si sanano, sono i datori di lavoro che si fanno un loro condono. Pagano 500 euro e non ne voglio più sapere di Inps, di Inail e di aver favorito l’immigrazione clandestina. Ne escono puliti. L’effetto collaterale è che il lavoratore straniero prende un permesso di soggiorno. Se si lascia l’iniziativa ai datori di lavoro può accadere (e accade spesso) che i costi della sanatoria vengono chiesti al lavoratore. Magari detratti dallo stipendio per mesi. Nel 2002 ci sono state donne costretta ad andare a letto con il datore di lavoro. Una sanatoria con soli benefici dovrebbe essere su impulso del lavoratore, che va in questura, dimostra che sta lavorando per qualcuno e di non avere problemi penali. Era così prima del 2002. Poi con la Bossi-Fini è cambiato tutto».