Sulla nave Yohan guidata da Youssef El Hallal viaggiavano 450 persone. Stavano in mare da due settimane, vagando senza meta. Tourab era in difficoltà perché gli serviva una barca più grande del solito. Lavorava da un paio d'anni, trasbordando gli immigrati dalle grosse navi verso le coste siciliane e quella sera doveva guadagnare 50.000 dollari. Alla fine riuscì a comprare la F-174. Un vero rottame, una nave della marina inglese del 1944. Quando finalmente le due navi si affiancarono, più di trecento passeggeri, esasperati si catapultarono sulla F-174. Nell'operazione le due navi si scontrarono e si aprì una piccola falla nello scafo della F-174, ma nessuno sembrò accorgersene. Stracarica la F-174 procedeva verso la Sicilia continuando a imbarcare acqua. Chiuse nella stiva, centinaia di persone battevano le mani sul ponte perchè li facessero uscire, con l’acqua ormai alla gola. Il capitano greco Zerburakis allarmato chiamò per radio El Hallal perché tornasse indietro a soccorrerli. Zerburakis si era recato apposta a Malta per l'operazione. La sera del naufragio aveva litigato con Turab, che non voleva uscire con il mare in tempesta e lo aveva fatto salpare da solo, insieme a altri due maltesi. La Yohan tornò indietro. La visibilità era ottima, tanto che i superstiti dichiararono che si vedevano le luci della Sicilia. Ma il mare era mosso. La Yohan, guidata da El Hallal, si schiantò contro la F-174, che affondò in pochi minuti, come un ferro da stiro, trascinandosi dietro le vite di quasi trecento persone. Riuscirono a salvarsi in poche decine, aggrappandosi alle corde gettate in mare dalla Yohan. El Hallal fuggì senza dare nessun allarme alle capitanerie di porto e sbarcò i superstiti in Grecia qualche giorno dopo. Quando denunciarono alla polizia l’accaduto, gli immigrati non vennero creduti.
La notizia del naufragio venne diffusa per la prima volta dall’agenzia stampa Reuters, il 4 gennaio 1997. Un gruppo di immigrati asiatici arrestati in Grecia, recitava il lancio, si dichiaravano superstiti di un naufragio costato la vita a 283 persone la notte del 26 dicembre nelle acque del Canale di Sicilia. La segnalazione venne presa con scetticismo dalle autorità italiane. Era impossibile che non ci fosse traccia di una così grave tragedia, nessuna cadavere era stato avvistato, e nemmeno pezzi del relitto. L’unico a seguire la pista in Italia fu il giornalista Dino Frisullo, scomparso nel 2003, che già nel gennaio 1997 aveva stabilito contatti con i superstiti arrestati nel Peloponneso e con le famiglie delle vittime del naufragio, pakistani, indiani e tamil dello Sri Lanka. Frisullo fece di più. Consegnò personalmente ai sottosegretari dell’allora governo Prodi, al capo della polizia e alle autorità giudiziarie un dossier con i nomi degli organizzatori della traversata, dalla Turchia alla Grecia e a Malta. A trovare la tragica conferma di quanto accaduto fu un altro giornalista Giovanni Maria Bellu, che il 13 giugno 2001, attraverso le indicazioni di un pescatore di Porto Palo e con l'ausilio di un robot sottomarino riuscì a fotografare il relitto della nave. I pescatori della zona sapevano tutto. Per mesi avevano pescato cadaveri insieme al pesce. Ma non avevano denunciato niente, per non incorrere nel blocco della pesca. Sulla strage Bellu ha pubblicato un libro, "I fantasmi di Portopalo", edito da Mondadori, e insieme a Renato Sarti ha messo in scena lo spettacolo teatrale "La nave fantasma". Recentemente Carlo Lucarelli ha dedicato una puntata di Blu notte alla vicenda. Intanto il relitto e i resti delle vittime sono ancora in fondo al mare.
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