ROMA, 14/01/07 – Continua il processo ad Agrigento contro i sette pescatori tunisini accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver portato a Lampedusa 44 naufraghi soccorsi in mare lo scorso 8 agosto. Nelle tre udienze del 7, 10 e 14 gennaio, sono state esaminate le perizie delle comunicazioni intercorse tra i naufraghi e le capitanerie di porto italiane, tunisine e maltesi, attraverso il telefono satellitare a bordo del gommone poi affondato. È inoltre stata accettata la citazione, come teste della difesa, del naufrago etiope che ha dato l’Sos. La prossima udienza è fissata per il 10 marzo, dopo il ritorno di uno dei tre giudici della corte, in congedo per maternità.
Nel frattempo, il 10 gennaio, un peschereccio pugliese (Enza D.) è stato protagonista di un gravissimo episodio. 50 miglia a sud di Lampedusa un gommone finito alla deriva con 60 passeggeri a bordo si avvicina al peschereccio. Un uomo si tuffa in mare per raggiungere a nuoto l’Enza e chiedere aiuto. Ma appena a bordo viene ributtato in mare dal comandante Mariano Ruggiero dopo una colluttazione, e muore annegato. Ruggiero viene arrestato con l’accusa di omicidio volontario. Il 14 gennaio il giudice del tribunale di Agrigento ha confermato il fermo. Gli avvocati dei sette tunisini e numerosi osservatori sottolineano come questo episodio tragico sia la conseguenza del processo in corso contro chi soccorre i migranti nel Canale di Sicilia.
Il 14 gennaio infine, ha avuto luogo anche l’udienza del processo alla Cap Anamur, che potrebbe concludersi insieme al processo dei tunisini, nel segno di una continuità della stagione della condanna e della persecuzione penale di chi salva la vita in mare ai migranti e ai rifugiati