ROMA – Sindacalisti arrestati e torturati. Manifestanti uccisi dalla polizia. Giornalisti in carcere. E una potente macchina di censura per evitare il dilagare della protesta. È la faccia nascosta della Tunisia dove oggi Maroni è volato per strappare al ministro dell'interno Rafik Belhaj Kacem una maggiore collaborazione per l'identificazione e il rimpatrio delle centinaia di cittadini tunisini trattenuti nel centro di prima accoglienza di Lampedusa. Molti di loro vengono dalla regione di Gafsa. Una delle piu' povere della Tunisia. Proprio qui, tra gennaio e luglio del 2008, sono esplosi moti di protesta per la rivendicazione del diritto al lavoro e alla redistribuzione della ricchezza prodotta dai bacini minerari di Redeyef, dove si trovano alcune tra le piu' grandi miniere di fosfato al mondo. Si tratta di uno dei movimenti sociali piu' maturi e duraturi del ventennio di Ben Ali, represso manu militari. Tra il maggio e il giugno del 2008 centinaia di militanti sono stati arrestati. Il 6 giugno 2008 la polizia ha aperto il fuoco su una manifestazione, uccidendo due ragazzi e ferendone altri 27. Un mese dopo una giornalista tunisina, Zakiyah Dhifaoui è finita in carcere per essersi recata a Redeyef e aver tentato di scrivere un articolo per il giornale Muatinun.
Un mese fa, l'11 dicembre 2008, si è concluso il giudizio in primo grado di 33 cittadini tunisini, tra cui una decina di sindacalisti, accusati di “associazione a delinquere” per aver organizzato la protesta degli abitanti di Redeyef. Pesanti le pene: 10 anni al leader della protesta Adnane Hajji e agli altri 32 imputati, molti dei quali sindacalisti. Dodici anni in contumacia invece al giornalista Fahem Boulkaddos, della televisione El Hiwar, condannato per aver trasmesso le immagini delle proteste, attraverso il canale italiano Arcoiris. Il 3 febbraio inizia il processo d'appello. “Ancora una volta, i giudici agiscono come la mano pesante del potere”, commenta l’associazione tunisina Ftcr, il cui presidente Mohieddine Cherbib è stato condannato a due anni per aver creato in Francia un comitato di solidarietà al movimento. Sui moti di Redeyef, si puo' leggere il nostro reportage “Speciale Tunisia: la dittatura a sud di Lampedusa”