“Non sempre abbiamo la possibilità di parlare con i migranti fermati a bordo – dice Lucrezia Sassanelli, dello sportello Cir operativo nella frontiera del porto di Bari -. Le ultime richieste d’asilo siamo riusciti a presentarle lo scorso 28 luglio. Erano 9 persone, di cui 6 irakeni. Ma l’indomani mattina in Questura non si è presentato nessuno di loro per formalizzare la domanda. Spesso l’Italia è soltanto un paese di transito verso i Paesi Scandinavi o l’Inghilterra”.
A Pasquetta dal solo porto di Bari furono respinti addirittura in 183, 150 dei quali iracheni. Allora ne seguì una protesta ufficiale del Cir, organizzazione presente nelle frontiere portuali e aeroportuali, e addirittura un’interrogazione parlamentare. Ma i dati di agosto mostrano che non è cambiato niente. I respingimenti collettivi nei porti italiani continuano ad essere la norma. E una volta in Grecia che cosa succede? Ricordiamo soltanto che, per quanto incredibile, la Grecia non ha mai riconosciuto lo status di rifugiato politico ad un solo iracheno. E la Grecia ha firmato un accordo di riammissione con la Turchia già nel 2001, utilizzato anche per l’espulsione dei profughi iracheni, come documentano le recenti denunce dell’Organizzazione mondiale contro la tortura sul caso dei 54 richiedenti asilo iracheni, arrestati a Hios, detenuti e scampati alla deportazione in Turchia soltanto grazie alla resistenza di sette di loro - malmenati dalla polizia perché si rifiutavano di salire a bordo dell’autobus che doveva trasferirli - e alla tenacia di un gruppo di avvocati che ha fatto loro ottenere la possibilità di richiedere asilo e di fare ricorso contro il diniego ottenuto in primo grado. Se espulsi in Turchia probabilmente avrebbero fatto la fine dei 135 che Istanbul ha rimpatriato in Iraq a fine luglio, sotto le inutili proteste dell’Acnur.
Tragico destino quello dei profughi dell’Iraq dilaniato dalla guerra. Oltre due milioni hanno trovato rifugio in Siria e Giordania. Soltanto il 4% si trovano in Europa. Il Parlamento europeo, in data 15 febbraio 2007, approvava una risoluzione sull’Iraq in cui invitava gli Stati dell’Ue a riconoscere l’asilo agli iracheni, vietava le espulsioni dei profughi, e addirittura a non procedere a trasferimenti Dublino se il Paese interessato non esamina correttamente le domande dei richiedenti asilo iracheni. L’ennesimo documento rimasto carta straccia, quantomeno lungo la frontiera italiana e greca. (gdg)