
I ricorrenti difesi da Lana e Saccucci, fanno parte di un gruppo di circa 200 persone respinte dalle autorità italiane lo scorso 6 maggio 2009. Il ricorso fa appello all'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che vieta la tortura e trattamenti inumani e degradanti, oltre che la riammissione in paesi terzi dove esista il rischio di tortura; all'articolo 13, che stabilisce il diritto a un ricorso effettivo; e all'articolo 4 del quarto protocollo, che vieta espressamente le deportazioni collettive.
Tutti articoli che secondo l'avvocato Lana sarebbero stati violati, dal momento che le persone sono state respinte senza nessuna identificazione, in modo collettivo, senza permettere di presentare richiesta d'asilo politico e tantomeno di poter fare ricorso presso un giudice. E se è vero che i fatti sono occorsi in acque internazionali, è altrettanto vero che gli emigranti respinti sono stati fatti salire a bordo di unità marittime italiane, che in base all'articolo 4 del codice di navigazione sono sotto la giurisdizione dello Stato italiano. E inoltre sono state respinte in Libia, dove è documentata la pratica di torture e trattamenti inumani e degradanti nei campi di detenzione.
Adesso si dovranno aspettare i tempi della Corte europea. Il governo ha tempo fino a marzo per rispondere. Poi sara’ la volta della contro risposta degli avvocati dei respinti. Per la sentenza tutavia, potrebbero passare anni. Basti pensare che ancora non è stata pronunciata la sentenza del processo contro l’Italia per i respingimenti da Lampedusa in Libia del 2005.