Disperazione e speranza. Due venti di segno opposto gonfiano la vela di chi solca mari e valica confini pur di raggiungere in Europa la sua terra promessa. Disperazione e speranza. Ovvero l´unico modo per sfidare le acque del Mediterraneo imbarcandosi con i propri bambini, su navi rottamate, sapendo che non è così difficile morire. A volte va tutto liscio, come per la signora Faduma Omar Jamec, che alle 4:40 del 26 giugno ha dato alla luce un bambino su una nave libica in avaria al largo di Malta. I 25 passeggeri somali sono stati soccorsi dalle forze armate de La Valletta e il neonato ricoverato con la madre. Ma non tutte le storie hanno un lieto fine ed il mese di giugno segna un triste primato per i più piccoli. E´ il 7 giugno quando un´imbarcazione con 22 passeggeri somali - partita clandestinamente dal porto di Kusadasi, in Turchia - affonda a pochi chilometri dall´isola greca di Samos. Immediato l´intervento della Guardia costiera greca, ma è già troppo tardi: nell´incidente perde la vita un bambino di soli 5 anni, annegato. Venti giorni dopo, il 26 giugno, si ripete una tragedia simile nelle acque di Kusadasi. I residenti denunciano alla polizia una nave in difficoltà, dopo ore di ricerche viene ritrovato un cadavere lungo la costa e altri 4 più tardi in mare aperto. Tre delle vittime sono bambini, per loro la vita si è infranta prima ancora di sbocciare.
Non è la prima volta. Dal 1994 ad oggi Fortresse Europe ha censito sulla stampa internazionale notizie della morte di almeno 39 minori. La tragedia più grave il 31/05/02 quando 9 bambini vennero trovati assiderati al confine turco con l´Iran. A Tangeri, in Marocco, persero la vita 6 bambini esattamente un anno fa, in un naufragio, il 13 giugno 2005. Ma le acque dello Stretto avevano già mietuto una piccola vittima il 19 aprile dello stesso anno a Tarifa, in Spagna. Tre anni prima, il 5 dicembre 2002 i corpi congelati di due dodicenni vennero trovati nel vano carrello di un aereo ghanese appena atterrato a Londra. Anche l´Italia non è estranea al fenomeno: 10 bambini deceduti lungo le coste pugliesi (19 ottobre e 1 dicembre 1994; 15 aprile, 16 maggio e 27 maggio 1999; 10 luglio 2000) e 3 a Lampedusa (11 ottobre 2003), in Sicilia. Nell´Egeo persero la vita 3 bambini il 16 ottobre 2002 nei pressi dell´isola greca di Lesbo e in Croazia il 20 maggio 2002 le acque di un fiume al confine con la Bosnia inghiottirono un´altra giovane vita.
Se la matematica non è un'opinione. L'emergenza frontiera dura da quasi vent'anni. Secondo la rassegna stampa di Fortress Europe dal 1988 ad oggi si ha notizia della morte lungo i confini europei di 5.939 persone, tra cui 2.375 dispersi. Una tragedia concentrata perlopiù sulle rotte non autorizzate dalla Turchia alla Grecia, dalla Libia e dalla Tunisia alla Sicilia e a Malta, dall'Albania alla Puglia, dal Marocco, dall'Algeria e dalla Mauritania alla Spagna. Nel Canale di Sicilia i morti sono 1.708, di cui 708 dispersi. Nell'Egeo hanno perso la vita 404 uomini, di cui 182 dispersi, mentre sulla direttrice spagnola sono cadute 2.200 persone, 1.423 quelle disperse. A questi vanno poi aggiunti i 16 ammazzati dal fuoco della Guardia civil e della polizia marocchina lungo le barriere al confine delle enclave spagnole in Marocco di Ceuta e Melilla. Infatti non è solo il mare ad uccidere. Nascoste nei tir o in container imbarcati su mercantili diretti nei porti europei hanno perso la vita 257 persone e altre 19 sono morte nascoste sotto i treni della Manica. I campi minati di Evros, al confine tra Grecia e Turchia, hanno ucciso 77 uomini. Almeno 133 i morti di stenti attraversando il Sahara verso la Libia e 33 gli assiderati percorrendo a piedi i valichi della frontiera in Turchia, Grecia, Italia e Slovacchia, a cui si somma la scomparsa di 51 persone annegate nei fiumi al confine tra Croazia e Bosnia, Turchia e Grecia, Slovacchia e Austria, Slovenia ed Italia.