ROMA – Ancora vittime alle frontiere dell’Unione europea. Nel mese di marzo 22 persone hanno perso la vita lungo le rotte dell’immigrazione clandestina: 18 tra la Turchia e la Grecia e 4 al largo delle isole Canarie, in Spagna. Dal 1988 le vittime dell’immigrazione clandestina sono almeno 8.175, secondo la documentazione raccolta da Fortress Europe. E altre 1.000 – 1.500 sono le vittime del Golfo di Aden, tra la Somalia e lo Yemen. Dalla riapertura delle ostilità più di 57.000 persone sono fuggite da Mogadiscio. Il 26 marzo, costretti a gettarsi in mare davanti alla costa yemenita, almeno in 100 hanno perso la vita.
Effetti collaterali. Tenerife, 8 marzo 2007. I soccorsi del Salvamento impediscono l’ennesima tragedia al largo dell’arcipelago spagnolo. Il mare è in tempesta e all’orizzonte 49 giovani stretti ai bordi di un cayucos solcano onde alte sette metri, 35 km a sud dell’isola. Alla fine si risolve tutto per il meglio, ma 3 dei passeggeri a bordo sono già morti da giorni. La traversata dura da 7 notti. Il gruppo si è imbarcato a Nouadhibou, in Mauritania, il 1° marzo. Uno dei ragazzi è morto dopo i primi giorni di dura navigazione. Il suo corpo è stato abbandonato in mare. Gli altri 3 hanno fatto la stessa fine, dopo 8 giorni senza più acqua né viveri a bordo. Le scorte non erano sufficienti. Il capitano non aveva messo in conto i pattugliamenti di Frontex.
I piani di Frontex. Dal 15 febbraio 2007 è tornato in funzione il sistema di pattugliamento aeronavale di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere. Hera III. Partecipano Spagna, Francia, Lussemburgo, Portogallo, Germania e Italia. Obiettivo: scoraggiare l’immigrazione clandestina, respingendo in mare le piroghe. Per evitare le pattuglie europee, le barche navigano sempre più al largo e su rotte più lunghe. Il risultato – scrive El Dia – è che “i passeggeri arrivano in sempre peggiori condizioni, quando non morti”. Lo aveva già denunciato la Guardia costiera italiana, già impegnata nella precedente missione di Frontex. Studiando i sistemi di navigazione trovati a bordo delle piroghe si è dimostrato che le imbarcazioni partono sempre più a sud per poi navigare ad oltre 300 miglia dalla costa senegalese. Ma la strategia dell’Ue non cambia. Per il 2007 Frontex ha 34 milioni di euro da spendere e gli Stati Membri hanno messo a disposizione 19 aerei, 24 elicotteri e 107 navi. Serviranno – ha dichiarato il direttore dell’agenzia Ilkka Laitinen – a lanciare nei prossimi mesi 30 operazioni di controllo delle frontiere, di cui 3 al largo delle isole Canarie. L’obiettivo sembra quello di creare un sistema di pattugliamento permanente del Mediterraneo.
Pulizie speciali. L'11 marzo 8 egiziani sono stati arrestati ad Annaba, in Algeria, in procinto di salpare su un gommone per Cagliari. Quattro giorni prima 32 algerini erano stati fermati dai carabinieri a Porto Pino, sull’isola. A Lampedusa, la notte del 6 marzo sono arrivate 113 persone. Ma nel frattempo la Libia di Qaddafi ha iniziato a ripulire il cortile italiano. Tra il 15 e il 28 febbraio 1.067 giovani di varie nazionalità sono stati arrestati tra Tripoli e Zuwarah e altri 1.299 sono stati rimpatriati nello stesso periodo. Da metà settembre le deportazioni sono state 9.635. Dal mese di marzo per entrare in Libia servirà un visto d’ingresso anche per i cittadini africani. Qaddafi aveva dato un ultimatum agli stranieri irregolari presenti sul territorio. Il timore è che adesso possa scattare una caccia all’uomo sulla falsa riga di quanto avvenuto in Marocco tra il 2005 e il 2006. Le cifre degli arresti non sono rassicuranti, specie alla luce dei rapporti sulle carceri libiche, già denunciate dall'Ue, da Human Rights Watch e da Afvic. Ma l’Italia e l’Europa, nella mera contabilità degli sbarchi, non potranno non accogliere con un applauso le cifre di Tripoli. Agli harrag di mezza Africa, braccati nei quartieri popolari del litorale tra Misratah e Zuwarah, non rimane che gettarsi in mare - costi quel che costi - pur di non essere rispediti a Kufrah, espulsi nel deserto o rispediti in aereo a casa.
Un cimitero chiamato Egeo. Il 17 marzo il mare ha restituito alle spiagge dell’isola di Samos i corpi di 7 naufraghi, tra cui quello di una bambina di 10 anni. Altri 4 sono dati per dispersi. La barca è affondata durante un temporale. Ormai da Kusadasi si parte solo con il mare mosso, per evitare i controlli della Guardia costiera greca. Sessantadue morti in tre mesi. Il 2007 si conferma l’anno peggiore lungo le rotte tra la Turchia e le isole greche dell’Egeo orientale. Le vittime erano state 73 in tutto il 2006 e 98 nel 2005. Dal 1996 i morti sono almeno 514, tra cui 252 dispersi.
Made in Turkey. Altre 7 persone sono morte dieci giorni dopo, il 28 marzo, assiderate sulle nevi dei valichi montuosi della provincia di Van, al confine con l’Iran, da dove ogni anno migliaia di afgani, iraniani e iracheni entrano in Turchia attraversando a piedi o a cavallo i boschi delle montagne, sui passi delle guide curde del luogo. Iraq e Iran, insieme alla Siria, sono la porta d’accesso sulla Turchia. Il passaggio in Grecia si acquista ad Istanbul. Via terra, nascosti nei camion diretti ad Alexandroupolis e a Orestias. Oppure via mare, verso le isole di Samos, Lesvos e Hios. La Grecia è solo una tappa intermedia. La meta è sempre più a nord. L’Italia, la Norvegia, la Germania, oppure la Francia, e da lì l’Inghilterra, dopo un periodo nascosti nei boschi di Calais, braccati dalla Gendarmerie francese per mesi, tentando di nascondersi sui camion pronti ad imbarcarsi per Dover, dall’altro lato della Manica.
Atene non resta a guardare. Solo nei primi nove mesi del 2006 la Grecia ha arrestato più di 23.000 stranieri privi di un visto d’ingresso. E tra il 2003 e il 2006 – lo dice il governo turco - la Guardia costiera greca ha respinto in mare e abbandonato nelle acque territoriali turche almeno 5.800 delle oltre 22.000 persone sbarcate nelle isole dell’Egeo. Cittadini somali, iracheni, afgani. Partiti da Paesi in guerra e potenziali rifugiati politici. Nessuno però ha fatto loro depositare una domanda d’asilo, anche se forse sarebbe servito a poco. Nel 2005 la Grecia ha concesso l’asilo solo a 88 delle 4.624 domande esaminate, l’1,9%, uno dei tassi di protezione più bassi al mondo.
La situazione in Turchia non è certo migliore. Il mese scorso, i migranti detenuti nel campo di Edirne - vicino alla frontiera con la Grecia, a nord – hanno dato alle fiamme, per tre volte, le mura del vecchio magazzino dove sono reclusi da mesi, in segno di protesta. Un video della rivolta è finito anche su Youtube.
E intanto in Somalia. In Turchia forse erano diretti anche alcuni dei 450 somali partiti da Bosasso il 26 marzo, alla volta dello Yemen, in fuga dalla guerra. Per molti il viaggio si è fermato in mezzo al mare. L’equipaggio ha costretto i passeggeri a gettarsi in acqua e proseguire a nuoto verso la costa. Un centinaio di persone non ce l’hanno fatto. Dati ufficiali delle Nazioni unite parlano di 29 morti e 71 dispersi.. Ultimo atto della tragedia somala. Da gennaio del 2006 lo Yemen ha ricevuto più di 30.000 profughi dalla Somalia e dall’Etiopia. Le vittime della traversata, 250 km, sarebbero almeno 800 soltanto nel 2006, dati Onu, di cui 300 dispersi. Ma sui fondali del Golfo di Aden giacciono i corpi di almeno altre 360 giovani annegati tra il 1998 e il 2002, secondo le poche notizie conosciute.