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08 August 2011

L'invasione che non c'è. Dalla Libia 23.890 profughi


Lo avevamo già scritto a febbraio. Che le cifre degli sbarchi dalla Libia non sarebbero state quelle degli annunciati esodi biblici, tanto cari al ministro dell'Interno Roberto Maroni e a buona parte della stampa italiana. E che nella peggiore delle ipotesi c'era da aspettarsi l'arrivo di un numero di profughi di guerra pari a quello delle persone che si erano imbarcate per Lampedusa nel 2008, l'anno prima dei respingimenti, quando Gheddafi incoraggiava le partenze verso l'Italia per alzare la posta del negoziato con Roma. Quell'anno arrivarono 36.900 persone. Fu un record, che ad oggi, nonostante i bombardamenti della Nato su Tripoli, è ancora lontano dall'essere superato. La conferma si trova negli ultimi dati forniti dal ministero dell'Interno nell'informativa alla Camera dei deputati del 3 agosto scorso. Dall'inizio dell'anno sono sbarcate a Lampedusa e in Sicilia 23.890 persone provenienti dalla Libia, ovvero il 65% di quanti ne arrivarono nell'intero 2008. E il ritmo degli arrivi è in forte diminuzione. Nella seconda metà di luglio ad esempio, non ci sono stati sbarchi per più di due settimane. Eppure il mare era buono. Il che è un vero mistero. Perché ora come ora, di ragioni per rimanere in Libia in mezzo alla guerra proprio non ce ne sono.

27 May 2011

Deportati in Italia. La mano del ra'is dietro gli sbarchi


“Ci puntavano il kalashnikov addosso, non potevamo fare domande. Siamo saliti nel container senza neanche sapere dove ci stessero portando." Arrestati nei quartieri africani di Tripoli dai soldati di Gheddafi e costretti con la forza a imbarcarsi per Lampedusa. Il biglietto è gratuito, offre il regime. Altro che viaggi della speranza, le traversate del Mediterraneo assomigliano sempre di più a una vera e propria deportazione di massa degli africani dalla Libia. Organizzata in modo sistematico dalle forze armate della dittatura. Un sistema ormai rodato che è già riuscito a espellere in Italia 14.000 persone in tre mesi. L'idea è semplice: usare i corpi di uomini, donne e bambini come chiara ritorsione contro i bombardamenti in Libia. Con un dettaglio agghiacciante, che la dice lunga sui rapporti tra Italia e Libia. I camion usati nelle retate sono quelli che l'Italia regalò al Colonnello ai tempi dei respingimenti. Prima li usavano per deportare nel deserto gli africani respinti in mare. Oggi hanno soltanto invertito la direzione di marcia. E anziché deportarli nel Sahara, li deportano in Italia.

21 May 2011

Il naufragio fantasma: almeno 320 morti a Zuwara


Sono le sette del mattino del 27 aprile 2011. E sul molo del porto di Zuwara si accalcano 600 africani, rastrellati dalle milizie di Gheddafi nei quartieri neri di Misrata, Tripoli e Sabrata e costretti a imbarcarsi per l'Italia dopo aver passato un mese reclusi in un vecchio casolare fuori Zuwara, sorvegliati a vista dai militari del regime. Kingsley è uno di loro. Sulla banchina si tiene stretto alla moglie e al bambino di tre anni. Perché le operazioni di imbarco sono veloci e violente e non vuole correre il rischio di viaggiare separato dalla moglie. Le barche infatti sono due. E non serve essere esperti marinai per capire che difficilmente raggiungeranno l'altra riva del Mediterraneo.

10 May 2011

Sbarchi: c'è un mandante ed è un uomo di Gheddafi

La notizia viene da una roccaforte dei ribelli. E la conferma si trova nei racconti di quanti stanno arrivando a Lampedusa in questi giorni. Gli sbarchi hanno un mandante. Si chiama Zuhair Adam ed è un alto ufficiale della marina libica. Al Viminale dovrebbero conoscerlo bene, visto che fa parte di un gruppo di ufficiali libici venuti in Italia all'epoca dei respingimenti per partecipare ai corsi di formazione sulle tecniche di pattugliamento. In pochi però sanno che adesso ha decisamente cambiato mestiere. In effetti non ci voleva molto a capire che in un paese in guerra la logistica per l'imbarco di migliaia di persone al giorno non potesse essere affidata al caso. Tanto più in una città militarizzata come è in questo momento Tripoli. Nessuno però avrebbe immaginato che il regime libico potesse arrivare a utilizzare i suoi uomini per gestire le partenze, e i suoi porti per favorire le operazioni.

11 August 2009

San Nicola Varco S.p.a. La grande truffa dei decreti flussi

Foto tratta da Mannaggia la miserìa, Anselmo Botte, 2009
SALERNO, 11 agosto 2009 - In un paese civile siederebbero davanti a un giudice, per chiedere giustizia. Ma non in Italia. Non in un paese dove alla legalità si fa appello soltanto quando fa comodo. Cristo si è fermato a Eboli. Loro si sono fermati dieci chilometri prima. A San Nicola Varco, nel cuore della Piana del Sele, a Salerno. Sono un migliaio di cittadini marocchini. Ragazzi tra i 20 e 35 anni. Vivono nei fabbricati abbandonati di un vecchio mercato ortofrutticolo costruito negli anni Ottanta, costato decine di miliardi di lire e mai messo in funzione. Dormono dentro baracche di legno, cartone e lamiera. Senza acqua corrente né servizi. Senza elettricità né riscaldamento. Ogni mattina, alle prime luci dell’alba, si incamminano sulla statale 18, dove hanno appuntamento con i caporali per andare a lavorare nei campi. Le pesche d’estate, i finocchi d’inverno e le serre tutto l’anno. Per 25 euro al giorno, meno i tre che si tiene il caporale. Ogni mattina, alle prime luci dell’alba, è un triste risveglio. Il sogno non si è mai avverato. E l'Italia è diventata un incubo. Ma ormai è tardi. E nessuno rimborserà loro i 5.000 euro pagati per entrare legalmente nel nostro paese. Già perché almeno metà di loro non sono arrivati sui barconi. Ma comodamente seduti in aereo. Con un visto della nostra ambasciata sul passaporto, e un contratto di lavoro in mano.


25 July 2009

Lavori forzati e torture per gli eritrei deportati dalla Libia

Soldati eritrei


ROMA, 18 luglio 2009 – L'Eritrea sta investendo molto nel turismo. Lungo il mar Rosso ad esempio, a metà strada tra Massawa e Assab, c'è un albergo a Gel'alo che nessun turista dovrebbe perdersi, specialmente se italiano. Se non altro perché è stato costruito da esuli eritrei costretti ai lavori forzati dopo essere stati arrestati sulla rotta per Lampedusa e rimpatriati dalla Libia su voli finanziati dall'Italia. Proprio così. Non chiedete spiegazioni all'ambasciata eritrea, potrebbero fraintendere. Secondo la propaganda della dittatura infatti, quell'hotel è frutto del coraggio della gioventù eritrea, e in particolare delle forze armate, dal 2002 impegnate in un programma di sviluppo del paese, denominato Warsay Yeka'alo. Noi invece le spiegazioni siamo andate a chiederle agli unici tre che da quell'inferno sono riusciti a scappare e che oggi vivono in Europa. Hanno accettato di parlarci, ma sotto anonimato e a patto di non svelare la città dove oggi vivono sotto protezione internazionale.

20 July 2009

C'erano 74 rifugiati eritrei tra gli 89 respinti il primo luglio

TRIPOLI, 6 luglio 2009 – Erano eritrei i passeggeri dell’imbarcazione respinta al largo di Lampedusa lo scorso primo luglio. Rifugiati eritrei. Che adesso rischiano il rimpatrio. O la detenzione a tempo indeterminato nelle carceri libiche, dove già sono stati tratti in arresto. I 65 uomini si trovano nel campo di detenzione di Zuwarah. Le 9 donne nel campo femminile di Zawiyah, a ovest di Tripoli. Abbiamo ricevuto la lista completa dei loro nomi dalla comunità eritrea di Tripoli. Non possiamo pubblicarla per evidenti motivi di sicurezza. Si tratta nella maggior parte dei casi di disertori dell’esercito. Sono una piccola parte degli almeno 130.000 eritrei rifugiati in Sudan. Da anni in Eritrea ragazzi e ragazze, raggiunta la maggiore età, sono obbligati alla coscrizione militare a tempo indeterminato e i disertori sono puniti col carcere. E la stessa fine fanno giornalisti, obiettori di coscienza, uomini politici e leader religiosi in un Paese che dopo l’indipendenza, dal 2001 è stretto in una morsa sempre più autoritaria. L’Italia conosce la situazione eritrea. La conosce talmente bene che lo scorso anno ha concesso un permesso di soggiorno alla maggior parte dei 2.739 eritrei sbarcati sulle coste siciliane. In nome degli obblighi internazionali verso i rifugiati politici. Ma i tempi adesso sono cambiati. I respingimenti in mare sono la regola. Poco importa se si rimandano in Libia persone che rischiano la vita in caso di rimpatrio.

14 May 2009

Libia: esternalizzare le frontiere per esternalizzare l'asilo?

Immigrati respinti al porto di TripoliTERNI, 14 maggio 2009 – Macchi, Smalto e Buonocore. Segnatevi questi tre nomi. Sono i nomi delle tre motovedette della Guardia di Finanza partite questa mattina alla volta di Tripoli dal porto di Gaeta, dopo due settimane di esercitazioni con 41 ufficiali della Marina militare libica a bordo. Si tratta di navi di 90 tonnellate e 27 metri di lunghezza, capaci di raggiungere i 43 nodi di velocità e di navigare in alto mare. Presto saranno affiancate da altre tre unità. Consegnate alla Marina libica, serviranno a riportare a Tripoli tutti gli emigranti e i rifugiati intercettati in mare. La missione, di durata triennale, farà base a Zuwarah, dove sono già stati inviati dieci ufficiali italiani per la manutenzione dei mezzi, mentre alcuni ufficiali libici saranno distaccati presso la Sala operativa della Guardia di Finanza a Lampedusa. Il comandante della Gdf, Cosimo D'Arrigo, assicura che le operazioni saranno svolte sempre “nel pieno rispetto delle leggi e del diritto comunitario e internazionale”. Peccato che proprio in nome del diritto internazionale le espulsioni collettive in Libia vennero condannate nel 2005 dal Parlamento Europeo e dalla Corte Europea per i diritti umani.

30 April 2009

Pattuglie, Rabit e voli charter. I piani di Frontex per il 2009

La corvetta italiana MinervaLUCCA, 30 aprile 2009 - Un sistema permanente di pattugliamenti congiunti delle frontiere esterne dell'Unione europea. Marittime, aeroportuali e terrestri. Con mezzi militari e sistemi elettronici di sorveglianza. E voli charter per i rimpatri che facciano scalo nei vari Stati membri. È questo il disegno dell’agenzia comunitaria Frontex, secondo quanto esposto dal suo stesso direttore Ilkka Laitinen in un’audizione alla Commissione Libe del Parlamento europeo lo scorso 27 aprile. Proprio nella settimana in cui – subito dopo la risoluzione del caso Pinar - è partita l’operazione Nautilus IV nel Canale di Sicilia. Laitinen ha tracciato un bilancio delle attività di Frontex nel 2008 e presentato le priorità per il 2009. Ovviamente senza nessun riferimento ai casi dei gommoni di emigranti affondati nel mar Egeo dalla Guardia costiera greca, né alla proposta delle autorità tedesche di togliere viveri e carburanti alle imbarcazioni per far loro invertire la rotta, e tantomeno alle gravi condizioni di detenzione dei migranti intercettati in Libia, imprescindibile collaboratore per i futuri pattugliamenti nel Mediterraneo centrale.

24 April 2009

Torturati in Tunisia, l'Italia nega l'asilo agli esuli di Redeyef


MONFALCONE, 24 aprile 2009 – Hanno chiesto asilo politico ma l'Italia ha detto di no. E adesso rischiano di essere rimpatriati e arrestati per reati politici. Sono una trentina di esuli tunisini originari della città di Redeyef, centro nevralgico del ricco bacino minerario di fosfati del sud ovest del paese, balzato alla cronaca per le dure proteste sindacali esplose nel corso del 2008 e per la violenta repressione disposta dal presidente Ben Ali. Una repressione culminata lo scorso 4 febbraio 2009 con la condanna in secondo grado di 33 imputati - tra sindacalisti, giornalisti e singoli manifestanti – a pene che vanno dai due agli otto anni di carcere, per reati che vanno dalla “associazione a delinquere” alla “diffusione di documenti suscettibili di turbare l'ordine pubblico”. Quei “documenti” sono le immagini video girate dal fotografo Mahmoud Raddadi, condannato a due anni, e distribuite sul canale satellitare Al Hiwar (tramite la piattaforma italiana Arcoiris) da Fahem Boukaddous, condannato in contumacia a sei anni di carcere. Sono le immagini dei comizi del sindacalista Adnan Hajji, delle gremite manifestazioni di piazza e delle violenze della polizia. Si possono scaricare da Youtube e Dailymotion. A patto di non essere in Tunisia. Già, perché lì il Governo ha censurato l'accesso ai due siti. Nessuno deve sapere dei tre manifestanti uccisi dalla polizia e degli altri 27 finiti in ospedale con ferite da arma da fuoco, e neppure dei sindacalisti e dei giornalisti arrestati e torturati.

19 April 2009

Io, minorenne afgano respinto in Grecia tre volte

ROMA, 19 aprile 2009 – Il traghetto della Minoan attraccò a Venezia alle otto del mattino di un giorno d’agosto del 2008. Jumaa K. non ricorda la data. Era la sua prima volta. Dopo mesi di falliti tentativi. Dentro il rimorchio erano saliti tre giorni prima, di notte. Il camion era parcheggiato nel porto di Patrasso. Era bastato aprire lo sportello e fare in fretta prima che tornassero le volanti della polizia. Quando si contarono erano in 15, dieci dei quali ancora minorenni. Le scorte di acqua e biscotti finirono dopo 24 ore. Il sole d’estate rendeva tutto più difficile. Il terzo giorno, finalmente, il motore si accese e il camion si imbarcò. All’arrivo in Italia, il rimorchio venne scaricato dalla nave senza che nessuno si accorgesse della loro presenza. Fu soltanto la sera, intorno alle 19:00, nel piazzale del porto, che alcuni agenti delle forze dell’ordine aprirono i portelloni per un controllo.

15 April 2009

Picchiati dalla polizia. Parlano i detenuti del Cie di Lampedusa

L'incendio del Cie di Lampedusa del 18 febbraio 2009RAGUSA, 15 aprile 2009 – Manganellati dalla polizia, “senza pietà”. Ferite alla testa, fratture alla mano e contusioni alle gambe. Per la prima volta, parlano i detenuti del Centro di identificazione e espulsione (Cie) di Lampedusa. Sono più di 600 tunisini e un centinaio di marocchini. Rinchiusi da oltre tre mesi in condizioni inumane. Siamo riusciti a raccogliere le testimonianze di alcuni di loro. Siamo certi della loro identità, ma ci hanno chiesto di parlare sotto anonimato per evidenti ragioni di sicurezza. Denunciano pestaggi delle forze dell’ordine per sedare la rivolta il giorno dell’incendio, lo scorso 18 febbraio. Ma anche le indegne condizioni di sovraffollamento, la diffusa somministrazione di psicofarmaci per sedare gli animi e la convalida differita di provvedimenti di trattenimento che non hanno tenuto conto delle settimane pregresse di detenzione. Un ritratto a tinte fosche che fa luce sul lato oscuro delle politiche del Governo sull’immigrazione a pochi giorni da un’importante scadenza. Il 26 aprile infatti scade il decreto 11/2009 che aveva prolungato da due a sei mesi il limite della detenzione nei Cie. Senza un nuovo provvedimento, i 700 detenuti sull’isola torneranno in libertà. E potranno raggiungere – seppure clandestinamente - i familiari che li aspettano da mesi, in Italia e nel resto d’Europa. Se invece, come probabile, il Governo tornerà a prolungare i termini di detenzione, torneremo a sentire storie come queste.

08 March 2009

Speciale Fespaco: l'emigrazione raccontata dai migliori registi africani

Stadio 4 Aout Cerimonia di chiusura del FespacoOUGADOUGOU, 8 marzo 2009 – Si è chiusa ieri la 21° edizione del Festival del Cinema africano di Ouagadougou (Fespaco), principale appuntamento biennale dei registi africani da ormai 40 anni. Per una settimana, la città è stata invasa da centinaia di giornalisti, attori, registi, produttori, cinefili e turisti che nonostante tutte le difficoltà organizzative – la direzione del festival è stata epurata dal nuovo ministro della cultura – hanno seguito con partecipazione il fitto programma di proiezioni, animati ogni sera dai concerti della notte ouagalese.

07 March 2009

“Così le navi di Frontex ci respinsero in Libia”. La storia tre liberiani

Nave di pattugliamento malteseOUAGADOUGOU, 7 marzo 2009 – Respinti in acque internazionali, al largo di Lampedusa, dalle navi di Frontex. Torturati nelle carceri libiche. E abbandonati in mezzo al deserto nigerino. È la storia recente di tre cittadini liberiani. Li ho incontrati in Burkina Faso, a Ouagadougou, a margine del festival del cinema africano, insieme ad Andrea Segre, autore del documentario Come un uomo sulla terra. Alla vigilia dell'avvio dei pattugliamenti congiunti italo libici, che affideranno alla polizia libica tutti i migranti fermati in mare, la loro testimonianza svela che cosa stia realmente accadendo in Libia.

09 February 2009

Capitan vergogna: uccise migrante in mare, chiesto l'ergastolo

Disegno di Stefania Infante
MODICA, 9 febbraio 2009 - Quando Mohamed Ahmed Abdissalam telefonò al fratello, a Tripoli, gli rispose il coinquilino Garane Alì. “Sanwà è partito la settimana scorsa”, gli disse. Mohamed rimase in silenzio. Dagli Stati Uniti, dove viveva, chiamava ogni due settimane Sanwà. Lo avevano aiutato con i soldi a partire da Gaalkacyo, in Somalia, e a attraversare il deserto per arrivare in Libia. Se era a Lampedusa perchè non lo aveva ancora avvisato? “È morto”, aggiunse dopo un attimo di silenzio Garane. Lo aveva saputo da una donna somala che aveva chiamato in Libia qualche giorno prima, dall’Italia. Mohamed non chiese altro. Riagganciò e corse a comprare un biglietto per Roma, sicuro che avrebbe ritrovato il fratello.

26 December 2008

Cassibile: a un mese dalla gara, la verità sulla gestione Alma Mater

SIRACUSA, 26 dicembre 2008 - Il 2009 rischia di essere davvero un anno nuovo per Cassibile. Segnatevi queste due date: 22 e 27 gennaio. Il 22 mattina, alle 10:00, si aprono in Prefettura le buste dei concorrenti al bando per la gestione del centro di accoglienza per gli immigrati. Il 27 invece si tiene l'udienza preliminare contro gli attuali gestori del centro. Il pubblico ministero Antonino Nicastro ha infatti chiesto il rinvio a giudizio per truffa aggravata ai danni dello Stato, a don Arcangelo Rigazzi e Marco Bianca, rispettivamente presidente e vicepresidente dell'associazione Alma Mater, e a tre imprenditori, che avrebbero falsificato delle fatture. Ma i presunti illeciti non riguardano soltanto la contabilità e tirano in ballo anche il vecchio Prefetto e la sua vice, che rinnovarono la convenzione – senza gara d’appalto – pur essendo a conoscenza delle carenze del centro e delle inadempienze di Alma Mater. A stabilire se commisero reati sarà il giudice. Noi ci limitiamo a proporvi una accurata ricostruzione dei fatti. Ognuno si faccia la propria idea.

19 December 2008

La Libia cerca immigrati in Asia, mentre l’Oim fa i rimpatri

Aereo della AfriqiyahTRIPOLI, 19 dicembre 2008 – Aeroporto internazionale di Tripoli. Il volo per Niamey parte alle 20:00. Ai banchi del check-in, un ragazzo con la pettorina blu della Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) aiuta alcuni passeggeri a imbarcare pesanti valigie. Sono 30 nigerini che partecipano al programma di rimpatrio volontario assistito. Il volo è effettuato da un aereo di linea della compagnia libica Afriqiyah. Prezzo del biglietto 604 dinari, circa 350 euro. Viaggio di solo ritorno. Paga l’Unione europea. Il loro progetto migratorio è fallito. E le retate della polizia in giro fanno paura un po’ a tutti. Tanto vale tornare. E allora meglio farlo su un volo gratuito e con un vestito elegante. E non scortati dalla polizia dopo mesi di carcere. Nessuno di loro immagina che sulla pista di quello stesso aeroporto, ogni mese atterrano aerei carichi di migliaia di lavoratori che la stessa Libia, nuovo gendarme dell’Unione europea, si sta andando a cercare in Bangladesh, Filippine e Sri Lanka. Si parla di 500.000 immigrati in arrivo. Come dire che con una mano si cacciano in malo modo quelli che all’epoca del panafricanismo erano i fratelli africani, e con l’altra si invitano altri lavoratori stranieri per rimpiazzarli.

24 October 2008

Video: Patrasso, ecco che fine fanno gli afgani respinti da Ancona

BERLINO, 24 ottobre 2008 - Arrivano ogni giorno, nascosti nei camion a bordo dei traghetti turistici che collegano la Grecia ai porti dell'Adriatico: Brindisi, Bari, Ancona, Venezia. E ogni giorno vengono rispediti in Grecia dalle autorità italiane. Gli ultimi 13 afgani sono salpati da Ancona sulla motonave Europa Palace lo scorso 23 ottobre. Ma cosa succede ai rifugiati afgani e iraqeni una volta ricondotti a Patrasso? Per la prima volta siamo in grado di mostrarvelo.

29 September 2008

Italia: ecco la mappa di cpt, cara e centri emergenza

ROMA, 29 settembre 2008 - "Raddoppiano gli sbarchi. Aumentano le richieste di asilo. E per ospitare gli immigrati, il governo improvvisa nuovi centri. Gestiti da privati. Spesso all'insaputa di sindaci e cittadini". Iniziava così un'inchiesta dell'Espresso firmata da Fabrizio Gatti lo scorso 4 settembre 2008. Tre settimane dopo, ne sappiamo qualcosa di più. Sappiamo dove si trovano. Sulla mappa a fianco, aggiornata al 4 settembre, sono indicati 37 dei 44 centri aperti con l'emergenza 2008. Hanno una capienza di 2.471 posti, che si vanno ad aggiungere ai 4.169 posti dei 10 centri di prima accoglienza (Cpsa-Cda) e ai 980 posti dei sei centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara), di cui abbiamo scritto nei nostri reportage. Si tratta di centri aperti, dedicati all'accoglienza degli stranieri in attesa del verdetto della Commissione territoriale per il riconoscimento dello status dei rifugiati. Le Prefetture rimborsano una quota di circa 50 euro al giorno per ogni ospite. Più o meno il doppio di quanto lo Stato paga (25-30 euro al giorno a persona) alle associazioni e ai 120 comuni che aderiscono allo Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati che accoglie una parte dei rifugiati, dopo il riconoscimento del loro status (3.000 posti a fronte di oltre 7.726 rifugiati riconosciuti - asilo o protezione umanitaria - nel 2007).

22 September 2008

Viaggio a Castel Volturno, dopo la strage degli immigrati

Video Insu^tv
CASTEL VOLTURNO (CE) – I telefoni hanno iniziato a squillare ieri mattina. La notizia ha fatto il giro del mondo. E dal Ghana le famiglie delle vittime vogliono sapere se è vero, vogliono sapere perché. Isaac ha gli occhi rossi dal pianto: non sa più cosa dire alla madre. Lo zio, Kwame Yulius Francis, aveva appena ottenuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Due settimane fa. Dopo sei anni di clandestinità, poteva finalmente sognare una vita stabile. Lavorava come muratore. Doveva trasferirsi a Milano, ma aspettava prima il rilascio del titolo di viaggio dalla questura di Caserta. La sera del 18 settembre si trovava a Castel Volturno, nell’appartamento sopra la sartoria Ob Ob Exotic Fashion, al km 47 della via Domitiana. Verso le ventuno la telefonata di un amico che gli chiede di raggiungerlo in strada. Kwame scende le scale. Si salutano, mentre nei locali della sartoria si continua a lavorare. Pochi minuti dopo giace esanime in un bagno di sangue. I killer, probabilmente quattro, hanno fatto irrruzione con le pettorine della polizia crivellando i presenti con 130 colpi di mitra e pistole. Mezz’ora prima avevano ucciso Antonio Celiento, titolare di una sala giochi a Baia verde. Insieme a Kwame, muoiono Samuel Kwaku, 26 anni e Alaj Ababa, del Togo, Cristopher Adams e Alex Geemes, 28 anni, della Liberia, e Eric Yeboah, 25 anni, del Ghana. Un settimo uomo, Joseph Ayimbora, di 34 anni, ghanese, viene ricoverato in condizioni critiche.