15 October 2007

Alla Camera un'interrogazione sui rapporti Italia-Libia

ROMA, 15 ottobre 2007 – Quali rapporti intercorrono tra l’Italia e la Libia in materia di cooperazione per il contrasto all’immigrazione clandestina dal 2004? L’Italia ha pagato voli di rimpatrio per l'espulsione di cittadini di Paesi terzi dalla Libia in questi anni? Domande rimaste fino ad oggi senza risposta, ma che lo scorso 4 ottobre sono state messe per iscritto in una interrogazione parlamentare scritta, non ancora calendarizzata, presentata al Ministero dell’Interno e al Ministero degli esteri dai deputati Mercedes Frias (prima firmataria, nella foto), Tana De Zulueta, Franco Russo, Iacopo Venier, Elias Vacca, Sabina Siniscalchi e Graziella Mascia, che ai ministri chiedono anche di sapere come si muoverà l’Italia nei confronti dei 600 richiedenti asilo eritrei arrestati dalla guardia costiera libica sulla rotta per Lampedusa e detenuti da oltre un anno a Misratah, oggi a rischio di espulsione.

Rapporti di Amnesty International, Human Rights Watch, Afvic, Fortress Europe, e lo stesso «Rapporto sulla missione tecnica in Libia dell'Unione europea» (dicembre 2004) denunciano gravi abusi commessi dalle autorità libiche ai danni dei migranti: arresti arbitrari, detenzioni senza processo, maltrattamenti, violenze sessuali e torture nei centri di detenzione dei migranti, spesso sovraffollati e insalubri. Gli stessi rapporti denunciano il rimpatrio di potenziali rifugiati politici nei paesi di origine, come pure il riaccompagnamento forzato alla frontiera sud della Libia con il Niger e con il Sudan, dove migliaia di migranti ogni anno sono abbandonati in pieno deserto. Dati ufficiali, citati da Human Rights Watch, parlano di oltre 14.500 migranti espulsi dalla Libia tra il 1998 e il 2003 e di almeno 145.000 espulsioni tra il 2003 e il 2005. Il 19 gennaio 2007, commentando i dati degli arresti in Libia dei candidati all'immigrazione clandestina, il Ministro dell'interno Giuliano Amato parlava di “buoni frutti” della collaborazione tra Italia e Libia. Ancora più recentemente, 11 giugno 2007, il Ministro ha chiesto a chiare lettere la partecipazione della Libia ai pattugliamenti aeronavali congiunti dell'agenzia Frontex nel Canale di Sicilia, per “impedire l'uscita dai porti delle navi”. E il 18 settembre 2007, l'Adnkronos ha battuto la notizia secondo cui l'Unione europea, su mandato dei ministri dell'Interno, avvierà i negoziati con la Libia per la cooperazione sul controllo della frontiera Sud del paese.

Il ministro Amato, sempre secondo l'agenzia ha commentato così la decisione “si tratterà di fornire alla Libia un sistema di sorveglianza elettronica del confine meridionale” come già dall'accordo di massima preso alcuni mesi fa dal commissario alle Relazioni esterne Benita Ferrero-Waldner con le autorità libiche dopo la conclusione della vicenda delle infermiere bulgare e del medico palestinese incarcerati per anni in Libia. Il ministro ha poi dichiarato che il mandato è stato ottenuto “dopo che io l'ho proposto e il vicepresidente della Commissione europea Franco Frattini mi ha espresso il suo appoggio”.

L’interrogazione cita l'articolo 3 della Convenzione contro la tortura dell'Onu, che vieta l'espulsione di persone che rischiano torture o trattamenti degradanti nel Paese di origine. Il principio di non espulsione dei rifugiati è sancito dall'articolo 33 della Convenzione sui rifugiati delle Nazioni Unite e dell'Unione africana. Gli articoli 4 e 19 della Carta europea dei diritti fondamentali, vietano torture e trattamenti degradanti, ed espulsioni collettive o in Paesi dove gli espellendi rischiano la tortura. E infine il Libro verde sul futuro regime europeo in materia di asilo, presentato dalla Commissione europea nel giugno scorso, che ribadisce che i flussi migratori sono ormai “flussi misti”, composti in altri termini da richiedenti asilo, oltre che di migranti economici. Un dato confermato dall'Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite.

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