14 June 2011

Lettera a Maroni

Qualcosa si muove. Dopo l'appello Lasciateci entrare nei Cie! promosso da Fortress Europe e ripreso da alcuni quotidiani nazionali, adesso è la volta della Federazione nazionale della stampa italiana e dell'Ordine dei giornalisti, che questa mattina hanno inviato una lettera al ministro dell'Interno Roberto Maroni chiedendo un incontro urgente per rimuovere il divieto di ingresso dei giornalisti nei centri di identificazione e espulsione oltre che nei centri di accoglienza. In gioco c'è la libertà di stampa, così come sancita dall'articolo 21 della Costituzione italiana. Questa dura presa di posizione del sindacato e dell'ordine dei giornalisti è maturata all'indomani della pubblicazione su Repubblica delle immagini dei pestaggi nel centro di espulsione di Palazzo San Gervasio. Di seguito il testo completo della lettera.


Alla cortese attenzione del ministro dell'Interno Roberto Maroni

Con la presente Le chiediamo un urgente incontro, per segnalare alcune difficoltà insorte, tali da limitare il nostro dovere di informare liberamente i cittadini, in ottemperanza all’articolo 21 della Costituzione.
In particolare, i problemi che intendiamo segnalarLe riguardano la possibilità per gli operatori dell’informazione di avere accesso – nel rispetto della privacy di tutti i soggetti interessati – ai luoghi di accoglienza e di trattenimento di migranti e profughi, in questa fase provenienti soprattutto dall’Africa settentrionale.

Tale accesso, a seguito della Sua circolare prot. n. 1305 del 01.04.2011, è oggi e “sino a nuova disposizione” consentito solo ad alcuni organismi umanitari internazionali. Questo si traduce nel fatto che risulta impossibile, per chi intende esercitare il diritto di cronaca, poter verificare con i propri occhi e con i propri strumenti cosa accade in tali luoghi.

A tale proposito, recentemente alcuni giornalisti hanno lanciato un appello – che l’Ordine e il Sindacato dei giornalisti hanno ritenuto di accogliere – in cui si chiede espressamente che detta circolare debba considerarsi non più applicabile.

Pur comprendendo le problematiche derivanti talvolta dalla gestione quotidiana e materiale dell’accoglienza, crediamo che non sia giusto considerare l’informazione un intralcio al funzionamento di queste strutture; anzi siamo convinti che la credibilità e la trasparenza delle stesse debbano essere considerate fondamentali per rafforzare la fiducia nelle istituzioni.
Purtroppo, per quanto riguarda soprattutto i Cie (un tempo Cpt), tali limitazioni non nascono con la suddetta circolare ma sono intrinseche all’esistenza stessa delle strutture.

Tutte le direttive finora emanate riguardo alle figure sociali a cui è garantito l’accesso non menzionano gli operatori dell’informazione.
Accade anche se queste non sono giuridicamente definite come luoghi di detenzione, e quindi soggette alle limitazioni previste, che comportano preventive richieste di autorizzazione all’ingresso.

Siamo convinti che un momento di discussione in merito risulti estremamente importante, oggi più che mai, non essendo a nostro avviso ammissibile l’esistenza di luoghi di concentramento non volontario di persone che siano inaccessibili alla libera informazione.
Si tratta di una vera e propria anomalia democratica, che peraltro non può essere rimessa – come finora è stato – né alla discrezionalità delle singole autorità prefettizie, né tantomeno alla disponibilità di parlamentari della Repubblica che si fanno garanti per i giornalisti.

Siamo certi che sia possibile addivenire ad una intesa atta a regolamentare il dovere dell’informazione anche in questi luoghi: in maniera tale da non precludere il normale funzionamento delle procedure che in essi vengono svolte e da garantire, come già affermato, l’imprescindibile diritto alla privacy per gli “ospiti”, per gli operatori degli enti gestori, per le forze di polizia predisposte alla vigilanza e alla sorveglianza.

Franco Siddi, presidente della Federazione nazionale della stampa italiana
Enzo Iacopino, presidente dell'Ordine dei giornalisti