CAIRO – Mohamed, Ahmed, Farouk, Eslam, Hamada, Muhammad, Saif. Professione: giornalista, artista, avvocato, studente, autista, medico, disoccupato. Anni: 36, 31, 40, 22, 30, 26, 16. Colpito da un proiettile mentre filmava gli scontri tra polizia e manifestanti. Colpito da un proiettile al collo, poi investito da un'automobile. Bruciatosi davanti al parlamento per protesta. Investito da un'auto. Colpito da un proiettile. Colpito da un proiettile al petto. Colpito da un proiettile. Da oggi anche il Cairo ha la sua Spoon river. È una pagina internet, ospitata sul sito 1000 memories, che sta raccogliendo sul web tutte le notizie relative ai martiri della rivoluzione egiziana. Per ora sono riusciti a raccogliere i dati di 136 vittime. Nome e cognome, foto, età, professione, luogo dell'omicidio e tipo di incidente. Le informazioni sono caricate direttamente dagli amici e dai parenti dei morti. L'iniziativa è nata da un'idea di Mahmoud Hashim, un egiziano di Toronto, in Canada, che ha voluto creare sul web un tributo virtuale alla memoria dei martiri. Ma la cosa interessante è che in modo spontaneo sta succedendo la stessa cosa anche in piazza Tahrir.
I primi poster dei martiri sono comparsi domenica pomeriggio. Dietro il palco hanno appeso il primo. C'è una foto di un ragazzo sorridente. Mustafa Samir El-Sawi. C'è scritto “Non ti dimenticheremo, sei un maritre eroe, un martire della libertà, un amico del corano”. Non lontano, per terra qualcuno ha scritto la parola shuhada', martiri, con le pietre che fino a qualche giorno fa venivano usate per la sassaiola. Accanto hanno fatto sdraiare due bambini, i piedi nudi e gli occhi chiusi, immobili, fingono di essere morti, ognuno ricoperto dalla bandiera egiziana. In mezzo a loro, un'altra bambina di sei sette anni, sulle spalle del papà, canta gli slogan della rivoluzione, incoraggiata da decine di passanti.
Anche la stampa oggi dedica uno speciale ai martiri. Sul quotidiano Almasri al Youm, c'è un'intera pagina con le storie e le foto di 11 dei martiri, compresa una ragazza. In piazza molti hanno appeso quella pagina sui muri perché la gente legga. Altri la portano in giro come se fosse un manifesto. I parenti delle vittime invece in giro portano le loro storie.
Come i due fratelli maggiori di Amir Magdi AlAhwal, 24 anni, della città di Abu Awali. Sono venuti apposta da Minufiyah, dopo aver fatto il funerale di Amir, ucciso giovedì scorso dai cecchini di Mubarak non lontano da Tahrir. Chiedo a uno di loro di scrivermi il nome completo del martire sul taccuino. Aggiunge un commento, in arabo: “mio fratello è morto martire per domandare la libertà e la dignità del cittadino dalla corruzione del governo”. Il dolore è ancora tanto per aggiungere altre parole.
Le parole invece non mancano al professor Shadi, collega di Ahmed Basiouny, ucciso da un proiettile dei cecchini di Mubarak lo scorso 28 gennaio. I suoi studenti si sono ritrovati oggi in piazza per appendere uno striscione con la sua foto e le sue ultime parole postate su facebook prima di essere ammazzato. “Era un genio dell'arte, un talento di quelli che nascono una volta in ogni generazione. All'università ci insegnava la libertà, perché l'arte è libertà, e in piazza era venuto per lo stesso motivo”. Pittore e brillante musicista di elettronica tra i più in vista della scena contemporanea, quel venerdì era uscito preparato al peggio. L'ultima fotografia lo ritrae con la maschera antigas per i lacrimogeni e un cappotto pesante per le manganellate della polizia. Non è stato sufficiente. Una pallottola al collo gli ha tolto la vita. Oltre ai suoi studenti, e ai suoi amici - più di 4.000 hanno sottoscritto la sua pagina facebook - lascia la moglie e due bambini, uno di sei anni e una bimba appena nata, di un mese. I suoi studenti organizzano per oggi una commemorazione pubblica, dopo i tanti messaggi di solidarietà aririvati sul web sulla pagina di 1000 memories. Mentre 100 Radio Station sta mandando in onda una playlist con i suoi pezzi.
I primi poster dei martiri sono comparsi domenica pomeriggio. Dietro il palco hanno appeso il primo. C'è una foto di un ragazzo sorridente. Mustafa Samir El-Sawi. C'è scritto “Non ti dimenticheremo, sei un maritre eroe, un martire della libertà, un amico del corano”. Non lontano, per terra qualcuno ha scritto la parola shuhada', martiri, con le pietre che fino a qualche giorno fa venivano usate per la sassaiola. Accanto hanno fatto sdraiare due bambini, i piedi nudi e gli occhi chiusi, immobili, fingono di essere morti, ognuno ricoperto dalla bandiera egiziana. In mezzo a loro, un'altra bambina di sei sette anni, sulle spalle del papà, canta gli slogan della rivoluzione, incoraggiata da decine di passanti.
Anche la stampa oggi dedica uno speciale ai martiri. Sul quotidiano Almasri al Youm, c'è un'intera pagina con le storie e le foto di 11 dei martiri, compresa una ragazza. In piazza molti hanno appeso quella pagina sui muri perché la gente legga. Altri la portano in giro come se fosse un manifesto. I parenti delle vittime invece in giro portano le loro storie.
Come i due fratelli maggiori di Amir Magdi AlAhwal, 24 anni, della città di Abu Awali. Sono venuti apposta da Minufiyah, dopo aver fatto il funerale di Amir, ucciso giovedì scorso dai cecchini di Mubarak non lontano da Tahrir. Chiedo a uno di loro di scrivermi il nome completo del martire sul taccuino. Aggiunge un commento, in arabo: “mio fratello è morto martire per domandare la libertà e la dignità del cittadino dalla corruzione del governo”. Il dolore è ancora tanto per aggiungere altre parole.
Le parole invece non mancano al professor Shadi, collega di Ahmed Basiouny, ucciso da un proiettile dei cecchini di Mubarak lo scorso 28 gennaio. I suoi studenti si sono ritrovati oggi in piazza per appendere uno striscione con la sua foto e le sue ultime parole postate su facebook prima di essere ammazzato. “Era un genio dell'arte, un talento di quelli che nascono una volta in ogni generazione. All'università ci insegnava la libertà, perché l'arte è libertà, e in piazza era venuto per lo stesso motivo”. Pittore e brillante musicista di elettronica tra i più in vista della scena contemporanea, quel venerdì era uscito preparato al peggio. L'ultima fotografia lo ritrae con la maschera antigas per i lacrimogeni e un cappotto pesante per le manganellate della polizia. Non è stato sufficiente. Una pallottola al collo gli ha tolto la vita. Oltre ai suoi studenti, e ai suoi amici - più di 4.000 hanno sottoscritto la sua pagina facebook - lascia la moglie e due bambini, uno di sei anni e una bimba appena nata, di un mese. I suoi studenti organizzano per oggi una commemorazione pubblica, dopo i tanti messaggi di solidarietà aririvati sul web sulla pagina di 1000 memories. Mentre 100 Radio Station sta mandando in onda una playlist con i suoi pezzi.