07 February 2011

I tunisini sbarcati nei giorni scorsi in fuga dai Cie

CAIRO - Tre tentativi di fuga in una settimana, tra Brindisi e Modena. Protagonisti sono i tunisini sbarcati nelle settimane scorse in Sicilia e che stanno tentando di tutto per tornare liberi. Dopotutto non hanno commesso nessun reato, se non il reato di viaggio, ma per il nostro ordinamento devono pagare con la detenzione fino a sei mesi nei centri di identificazione e espulsione. E le prospettive sono due: o il rimpatrio forzato o il rilascio sul territorio senza documenti. Quanto potere ha la frontiera. Prima che partano sono gli eroi della rivoluzione, e appena arrivano diventano i corpi in eccesso, senza nomi e senza storie, da espellere dalla finestra, mentre nelle stesse ore, tramite il click day dei giorni scorsi, Maroni ha chiesto l'ingresso di altre 100.000 persone. Di seguito i dettagli delle fughe sulle cronache della locale.

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Tenatativi di fuga dal Cie di Restinco
tratto da Trcb
BRINDISI, 7 febbraio 2011 - Non si arrestano i tentativi di fuga dal Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Restinco, dove però uomini delle forze dell'ordine ed Esercito sono riusciti a bloccare i progetti di fuga, cui sono però seguiti atti di autolesionismo, che hanno reso necessario il trasporto in ospedale di alcuni dei protagonisti della nuova ribellione. La zona è ancora presidiata da diverse pattuglie, sul posto è stato inviato anche il personale reperibile oltre quello già in servizio. Secondo alcune fonti, i feriti sarebbero una decina, tutti magrebini trasferiti al Cie di Brindisi 8 o 9 giorni fa dalla Sicilia, elementi che avevano già messo alla prova le strutture dell'isola, dove avviene il primo controllo sugli extracomunitari che giungono via mare. Questa sera una nutrito gruppo di ospiti del centro che come è noto, a differenza di quelli del Cara (la sezione del campo riservato ai richiedenti asilo politico) che sono anche liberi di circolare liberamente nella zona sono di fatto tenuti sotto chiave, hanno inscenato azioni diversive in vari punti del perimetro per favorire la fuga di un gruppo di essi.

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Fughe e rivolte a Restinco
tratto da Senza Colonne
BRINDISI, 3 febbraio 2011 – Trentadue ne son fuggiti venerdì scorso, quattro l’altro ieri sono riusciti a darsela a gambe dopo aver praticato un foro nel muro di recinzione del Centro di identificazione e di espulsione di Restinco. Sono i “fantasmi” che non rivelano la propria provenienza e il proprio nome, gli stranieri che approdano sulle coste italiane sui barconi e che non hanno documenti. Scappano, organizzano sommosse, non hanno nulla da perdere. Quelli che riescono a dileguarsi non vengono quasi mai rintracciati in territorio brindisino, camminano a lungo per poi doversi arrendere dinanzi a qualcuno che li blocca e chiede loro il documento. E ricomincia la trafila. Non dichiarano la propria identità, vengono rinchiusi in un “Cie” in attesa che le pratiche burocratiche, che i contatti con i Paesi dai quali potrebbero provenire, abbiano buon esito. In taluni casi l’iter non si conclude mai, ché ci sono Stati, per lo più africani, dove non ci sono neppure le anagrafi. E’ una storia infinita quella della migrazione d’uomini disperati.
I tentativi di evasione di massa sono ormai all’ordine del giorno. Non passa settimana che non vi siano disordini a Restinco, alla periferia di Brindisi.
Lì c’è gente molto giovane, agile. Disposta a qualsiasi cosa pur di riacquistare la libertà. Sono per lo più persone che hanno visto o subito violenze inaudite, e che non temono agenti e militari brindisini. Ce ne sono una quindicina tra poliziotti, carabinieri, finanzieri e soldati dell’esercito che vigilano ogni giorno sulla tranquillità del “Cie”. E sono loro che rischiano la vita, quotidianamente, nel cercare di sedare rivolte e sommosse, nell’arginare i tentativi di fuga che quasi sempre sfumano, ma che talvolta vanno a segno.
Martedì scorso è accaduto di nuovo, nel pomeriggio. I 46 ospiti del Centro di Restinco hanno praticato un foro in un muro di recinzione dal quale speravano di sgattaiolare, senza che nessuno se ne accorgesse.
Sono stati chiamati i rinforzi. Anche i vigili del fuoco sono intervenuti a supporto degli uomini in divisa che erano lì e cercavano di ripristinare l’ordine.
Uno degli stranieri è salito sul tetto, pensavano che si buttasse giù. Voleva soltanto trovare una via di fuga, non ce l’ha fatta.

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Rientrato subito il tentativo di rivolta al Cie di Modena
tratto da Repubblica
MODENA, 2 febbraio 2011 — Tentativo di rivolta ieri pomeriggio al Cie di S.Anna dove una sessantina di persone si sono radunate in cortile per una protesta fatta di grifa e slogan oltre che di tentativi di danneggiamento della struttura.
Una situazione ad alto rischio he per un paio d’ore ha mobilitato le forze dell’ordine. I militari dell’esercito, oltre che poliziotti e carabinieri all’interno del Cie (Centro Identificazione ed Espulsione) hanno temuto che la rivolta potesse scappare di mano e dopo un giro di frenetiche telefonate è arrivato sul posto il questore Salvatore Margherito che si è aggiunto agli altri responsabili dei servizi e della gestione del centro per intavolare una trattativa.
Sono volate parole grosse.
Ad accendere la rivolta sono stati una ventina di clandestini, appena sbarcati e catturati sulle nostre coste.
Una volta portati a Modena hanno iniziato la protesta trovando facile esca negli altri quaranta ospiti del Cie in attesa di identificazione. «Libertà, libertà» è stato lo slogan che ha unito sia chi voleva rimpatriare subito a tutti i costi, sia chi cercava comunque una via d’uscita per fuggire tra i campi.
Alla fine, oltre alle spiegazioni di rito a chi pretendevano l’uscita immediata e l’impunità, è stato decisivo l’arrivo del Battaglione Mobile, schierato fuori dal Cie. Di fronte all’ipotesi di un’irruzione i rivoltosi si sono ritirati in buon ordine. In mezzo ai tafferugli c’è stata anche la protesta individuale di un tunisino che si è tagliuzzato le braccia con una lametta: a chi l’ha soccorso ha detto che non aveva tempo per aspettare i tempi burocratici del riconoscimento perchè voleva subito tornare a casa sua in Africa.
(s.c.)