08 August 2011

Riuscita evasione per 30 reclusi del Cie di Roma


Jamal ha ancora male alle spalle. È saltato male dal muro. Ma è saltato. E adesso è fuori. Finalmente libero. Pronto a tornare tra le braccia della sua ragazza a Bologna. È fuggito stanotte dal centro di identificazione e espulsione (Cie) di Roma. E con lui sono scappati altri 30 detenuti. Tunisini, marocchini e egiziani. La prefettura di Roma non ne ha finora dato notizia. Ma due testimoni oculari hanno confermato la notizia a Fortress Europe. Si tratta della più importante evasione registrata quest'anno al Cie di Ponte Galeria. E non è un caso che sia avvenuta due giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della nuova legge sui rimpatri, che porta da 6 a 18 mesi il limite della detenzione nei centri di identificazione e espulsione. La stessa legge che aveva scaldato gli animi dei reclusi, quando lo scorso 29 luglio avevano dato vita a una rivolta dopo il pestaggio di tre reclusi algerini che avevano tentato la fuga. Stavolta però hanno deciso di cambiare strategia. E allo scontro con le forze dell'ordine o agli scioperi della fame, hanno preferito la fuga.

Al piano ci lavoravano da giorni in gran segreto. Soprattutto il gruppo dei 16 tunisini trasferiti la settimana scorsa al Cie di Roma da Lampedusa. Nei giorni scorsi hanno tagliato di nascosto un ferro della gabbia, dietro le celle. È stato grazie a quell'apertura se stanotte sono riusciti a scavalcare in massa. Trenta persone per l'appunto. Erano le undici di sera. Prima della chiusura delle celle. Il resto è stata una questione di attimi. Il gruppo dei fuggitivi si è scagliato contro la garitta di un militare di guardia, che spaventatosi di fronte al gran numero di reclusi ha lasciato il posto correndo a chiamare rinforzi. Ma quando sono arrivati gli agenti, era già troppo tardi. I trenta erano già riusciti a arrampicarsi sul muro di cinta alto cinque metri, proprio a partire dalla garitta. E nonostante qualche tardiva manganellata sono tutti riusciti a saltare fuori dalla recinzione e a far perdere le proprie tracce.

Tutti tranne un ragazzo, che dopo aver passato la notte nascosto su un albero per non farsi trovare dagli agenti che per tutta la notte hanno battuto al setaccio i dintorni del Cie, stamattina è tornato a bussare alla porta. Chiedendo di essere riammesso e di essere rimpatriato. Perché se là fuori non hai nessuno anche la libertà può fare paura.

Perché in Italia, come in Europa, senza un visto valido sul passaporto si rischia in ogni momento di essere di nuovo fermati per un banale controllo di identità, e di farsi di nuovo 18 mesi di detenzione, in attesa di essere identificati e espulsi. E quel rischio lo corre ognuno dei 30 evasi stanotte. Quelli che già hanno lasciato Roma e quelli che ancora sono nascosti tra la folla dei turisti nelle piazze e nei giardini della capitale, in attesa di riprendersi dopo questi mesi di detenzione e di decidere sul da farsi.