02 December 2009

Respingimenti: la Corte europea ammette il ricorso. Italia sotto processo

ROMA – Il Governo italiano dovrà rispondere davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo sui respingimenti in Libia. La Corte di Strasburgo ha formalmente comunicato al Governo l’ammissione del ricorso di 13 rifugiati somali e 11 eritrei, depositato a luglio dagli avvocati Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci, dell’Unione forense per la tutela dei diritti dell’uomo. Le autorità italiane avranno adesso tre mesi di tempo per rispondere alle richieste di informazioni avanzate dalla Corte. Prima di una sentenza passeranno alcuni anni, tuttavia l’avvocato Lana definisce “un passaggio decisivo” la dichiarazione di ammissibilità del ricorso, anche alla luce del fatto che “il 95% dei ricorsi presentati alla Cedu non supera questa prima fase”.

I ricorrenti difesi da Lana e Saccucci, fanno parte di un gruppo di circa 200 persone respinte dalle autorità italiane lo scorso 6 maggio 2009. Il ricorso fa appello all'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che vieta la tortura e trattamenti inumani e degradanti, oltre che la riammissione in paesi terzi dove esista il rischio di tortura; all'articolo 13, che stabilisce il diritto a un ricorso effettivo; e all'articolo 4 del quarto protocollo, che vieta espressamente le deportazioni collettive.

Tutti articoli che secondo l'avvocato Lana sarebbero stati violati, dal momento che le persone sono state respinte senza nessuna identificazione, in modo collettivo, senza permettere di presentare richiesta d'asilo politico e tantomeno di poter fare ricorso presso un giudice. E se è vero che i fatti sono occorsi in acque internazionali, è altrettanto vero che gli emigranti respinti sono stati fatti salire a bordo di unità marittime italiane, che in base all'articolo 4 del codice di navigazione sono sotto la giurisdizione dello Stato italiano. E inoltre sono state respinte in Libia, dove è documentata la pratica di torture e trattamenti inumani e degradanti nei campi di detenzione.

Adesso si dovranno aspettare i tempi della Corte europea. Il governo ha tempo fino a marzo per rispondere. Poi sara’ la volta della contro risposta degli avvocati dei respinti. Per la sentenza tutavia, potrebbero passare anni. Basti pensare che ancora non è stata pronunciata la sentenza del processo contro l’Italia per i respingimenti da Lampedusa in Libia del 2005.