24 October 2009

Pestaggi, minori e famiglie spezzate. Reportage dal Cie di Torino

TORINO – Famiglie spezzate in due da provvedimenti di espulsione. Rimpatri forzati che colpiscono minori non accompagnati. E poi storie di evasioni, di pestaggi e di proteste estreme di chi vuole tornare in libertà. Continua il viaggio di Fortress Europe dentro i centri di identificazione e espulsione (Cie) italiani, teatro di crescenti tensioni dopo l'entrata in vigore del pacchetto sicurezza, che ha portato da due a sei mesi il limite del trattenimento nei centri. Dopo Modena, Crotone e Roma, abbiamo visitato il Cie di Torino. Il centro è aperto dal 1999. Si trova nell'area di una vecchia caserma di addestramento del genio ferroviario e dei bersaglieri, tra Corso Brunelleschi e via Santa Maria Mazzarello. Dal maggio 2008, i container del vecchio centro sono stati sostituiti da tre sezioni appositamente progettate e costruite. Ogni sezione ha 30 posti, due sezioni sono per gli uomini e una per le donne. Ogni sezione consiste di un'area recintata da gabbie metalliche alte sei metri, al cui interno si trova un modulo con cinque camerate da sei posti, con annessi due bagni e una doccia, e un secondo modulo usato come mensa e sala comune. Ma il centro si sta per allargare. Sono infatti stati ultimati i lavori di costruzione di altre tre sezioni e di un campo di calcio. Dal 2010 la capienza del Cie raddoppierà a 180 posti, dagli attuali 90.

Sin dalla sua apertura, la struttura è gestita dalla Croce rossa italiana (Cri), e in particolare dal corpo militare della Cri di Torino. A fine 2009 ci sarà una nuova gara d'appalto. Il direttore Antonio Baldacci, ha una formazione militare. È uscito dall'esercito col grado di maggiore. Ed è entrato nel corpo militare della Croce rossa, dove oggi ha il grado di colonnello. Ha partecipato a molte delle emergenze nazionali, dall'alluvione di Firenze al terremoto del Friuli. La Cri incassa dalla Prefettura 72 euro al giorno per ogni trattenuto. Nel centro operano anche Tampep e il Gruppo Abele con due progetti di rimpatrio forzato assistito.

Il prolungamento a sei mesi del trattenimento, entrato in vigore col pacchetto sicurezza l'8 agosto 2009, ha aumentato le tensioni. Una rivolta a agosto, una tentata evasione a settembre, e continui e ripetuti atti di autolesionismo e scioperi della fame. A sostenerlo è la stessa Raffaella Fassone, dirigente dell'ufficio immigrazione della Questura di Torino. “Con alcuni Stati c'è muro, e anche portando a sei mesi il trattenimento l'identificazione non si sblocca. E il rischio – ammette – è di occupare inutilmente i posti e di bloccare il turn-over nei Cie”.

I rimpatri effettuati nel 2009 sono leggermente in calo. Sono 290 in dieci mesi, contro i 650 dell'intero 2008. A pesare sul bilancio delle attività della polizia c'è stato sicuramente il trasferimento al Cie di Torino di 78 tunisini da Lampedusa nel mese di febbraio, dopo la rivolta nel Cie dell'isola. 78 presenze che hanno paralizzato il centro, visto che – come riferito dalle forze di polizia - la Tunisia non ammette più di 5 rimpatri al giorno da tutta l'Italia. Circa il 40% dei trattenuti arriva dal carcere a fine pena. Ogni mese 2 o 3 persone sono però espulse direttamente dal carcere di Torino. L'altro 60% arriva dal territorio. Una metà da altre regioni, in particolare Liguria, Toscana e Val d'Aosta, dove non esistono Cie. L'altra metà da Torino e Piemonte. I militari in turno sono Alpini, ce ne sono 70 al giorno, distribuiti in turni da 18, ma il responsabile della vigilanza è un ispettore di polizia. Rispetto agli episodi documentati di pestaggi, il direttore Baldacci smentisce categoricamente. La Questura invece conferma che c'è stata una denuncia contro due alpini e che ci sono delle indagini in corso.