10 October 2007

Misratah: peggiora situazione detenuti eritrei, 70 arresti a Zawiyah

ROMA, 10 ottobre 2007 – Diciotto mesi. Tanto tempo è passato dai primi arresti, nel 2006, del primo gruppo dei 600 eritrei oggi detenuti nel “transit centre” di Misratah in condizioni degradanti e a imminente rischio di espulsione. Grazie all’associazione eritrea Agenzia Habeshia abbiamo parlato con i migranti, da cui ci arrivano gravi allarmi.

Le condizioni del carcere, già descritte altrove, non fanno che peggiorare con il freddo della stagione. Di notte le temperature scendono ma non ci sono coperte nelle celle. Alte le preoccupazioni per l’acqua da bere. Ne vengono distribuiti tre barili al giorno, per 600 persone. La gente fa a gara per prenderne un po’ appena la portano. Anche perché dopo poche ore al caldo, diventa imbevibile. Solo la solidarietà tra i detenuti permette alle circa 100 donne e ai circa 50 bambini di poter bere. E ancora più grave è la situazione delle donne incinte. Sono almeno cinque, ci informa la nostra fonte, di cui tre partoriranno nelle prossime settimane, dopo che già due bambini sono nati dietro le sbarre nei mesi passati. Per loro, come per i malati di scabbia, bronchiti e tbc, non è prevista nessuna assistenza medica. Lo scorso 28 settembre il centro è stato visitato da una delegazione di autorità. Per l’occasione gli agenti hanno cucinato riso e pietanze e hanno dichiarato di trattare bene i detenuti, a cui però non è stato concesso di rilasciare interviste. L’Unhcr non si vede da tre settimane. E intanto fonti informate parlano dell’imminente arrivo di altri 160 eritrei arrestati sulle rotte per Lampedusa.

Settanta dovrebbero essere quelli arrestati la notte tra l’8 e il 9 luglio scorso in una retata della polizia a Zawiyah - una città ad ovest di Tripoli già balzata agli onori della cronaca per i pogrom razzisti che nel 2000 costarono la vita ad oltre 500 migranti. Al momento dell’arresto – denuncia Amnesty International – sono stati costretti dagli agenti a spogliarsi per poi essere ripetutamente colpiti con delle catene di ferro, anche nei giorni successivi.

Se rimpatriati, rischiano di fare la fine dei 161 eritrei fucilati nel giugno 2005 (secondo Amnesty International) per aver disertato le fila dell’esercito impegnato a difendere la frontiera con l’Etiopia. La maggior parte di loro sono infatti disertori e potenziali rifugiati politici. A dire il vero almeno 150 di essi sono già stati riconosciuti come rifugiati dall’Unhcr, ma nonostante questo rischiano di essere rimpatriati e ammazzati, in nome degli accordi italo-libici in materia di contrasto all’immigrazione clandestina.

Il governo eritreo è accusato di gravi violazioni dei diritti umani da Amnesty International, Human Rights Watch, Reporters sans Frontières, Nazioni Unite, oltre che dalla stessa Unione Europea.Nonostante il patto di non belligeranza firmato congiuntamente da Eritrea ed Etiopia ad Algeri nel 2000, lo stato di guerra di fatto continua dal 1998. Ragazzi e ragazze, raggiunta la maggiore età, sono obbligati alla coscrizione militare a tempo indeterminato e i disertori sono puniti col carcere. Negli ultimi mesi la polizia eritrea sta procedendo agli arresti, ad Asmara, dei familiari dei giovani fuggiti dall'esercito. Le famiglie sono costrette a pagare somme ingenti per evitare il carcere. Vengono inoltre perseguitati giornalisti, obiettori di coscienza, uomini politici e leader religiosi. Una sorte a cui sono scampati i 2.589 eritrei sbarcati lungo le coste siciliane nel 2006. Il 12% dei 22.016 cittadini stranieri sbarcati in Italia lo scorso anno, il 20,8% dei 10.438 richiedenti asilo dello stesso periodo.

La Libia ha già deportato eritrei, nel 2006 e prima ancora nel 2004, a più riprese, anche su un volo pagato dall’Italia. Il 27 agosto 2004 uno degli aerei venne dirottato dai deportati eritrei a Khartoum, in Sudan. 60 dei 75 passeggeri vennero riconosciuti rifugiati politici dall’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite. Nel 2002 Malta rimpatriò 223 eritrei. Oggi sono ancora detenuti nel carcere di massima sicurezza di Dahlak Kebir, e molti di loro sono stati uccisi. Qualora il piano del Commissario Ue Franco Frattini diventasse operativo sin dal 2008, con la partecipazione della Libia ai pattugliamenti europei di Frontex nel Canale di Sicilia e i respingimenti in Libia di tutti i migranti intercettati, storie come questa diventeranno ordinaria amministrazione di diritti negati, e di abusi tollerati da un'Unione europea che in nome della guerra all'immigrazione clandestina manderà a morire migliaia di rifugiati.

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